Quando parliamo di diversità e inclusione ci riferiamo a due concetti interconnessi, ma tutt’altro che intercambiabili.
La diversità riguarda la rappresentazione, o la costituzione di un’entità personale, e di conseguenza il riconoscimento e la valorizzazione delle diversità che questa può esprimere.
L’inclusione riguarda il modo in cui i contributi, la presenza e le prospettive di diversi gruppi di persone sono valutati e inseriti in un ambiente, rispettando le esigenze, le prospettive e il potenziale unici di tutti i membri del team. Facile da definire, quasi evidente. Quello che non è del tutto facile invece è realizzarlo, soprattutto in azienda.
Partiamo da un punto fermo. Un ambiente di lavoro diversificato e inclusivo fa sì che tutti, indipendentemente da chi siano o da cosa facciano per l’azienda, si sentano ugualmente coinvolti e supportati sul posto di lavoro. E – d’altra parte – un ambiente di lavoro diversificato e inclusivo porta grandi vantaggi anche al prodotto, ai processi interni, all’azienda stessa.
Come ogni cosa umana, D&I è un concetto in continua evoluzione, che si sta arricchendo delle tematiche legate all’equità e al “senso di appartenenza”, il cosiddetto belonging.
Great Place to Work, ad esempio, ha recentemente registrato il marchio ”For All”, che distingue una cultura del posto di lavoro evoluta oltre la “Diversità e inclusione”, per definire un’esperienza di lavoro che consenta alle persone di “sentirsi parte”, sapendo che i loro talenti unici contano e che i loro bisogni individuali sono curati da colleghi e capi.
Cosa significa, nella pratica? Significa portare in azienda una cultura generalmente aperta alla diversità, interessata a promuovere le persone, chiara sui concetti, attenta alle parole. Anche quando questo – inizialmente, e ad alcune generazioni – sembra inutile mouthwashing.
Quando si parla di Diversity & Inclusion ci si concentra sul fatto che il punto di caduta è strategico, per l’azienda. Quindi non solo una questione da HR. Ed è per questa ragione che un’azienda come Kopernicana, che applica pienamente il self-management e che lo porta verso i propri clienti -quando questi sono pronti a muoversi in quella direzione- ha in qualche modo il dovere di osservarsi e raccontare aspetti del modello. Sia per comprendere aspetti da valorizzare sia per individuare potenziali fragilità.
Le aziende self managed sono quelle che incontrano meno problemi nella promozione della persona nella sua individualità.
Holacracy, ad esempio, che è lo strumento utilizzato in Kopernicana, è un sistema operativo costruito per promuovere autonomia e responsabilità, e quindi chiede – non “consente”, ma chiede – a tutti di contribuire alla crescita dell’organizzazione, di costruire insieme il set di regole che aiutano a plasmare l’organizzazione verso prestazioni migliori e incoraggia l’agilità, la reattività, l’adattabilità e la flessibilità.
Ogni regola in un’azienda holocratica nasce da un processo che si definisce “integrativo”, che ottiene inclusione senza essere democratico: non è più il tempo delle lobby, delle decisioni a maggioranza, che danno voce a chi la grida meglio, o più forte, o a chi è capace di crearsi il migliore consenso.
L’obiettivo è assicurare che l’organizzazione diventi anti-fragile, rendendo possibile imparare e svilupparsi da ogni esperienza.
Con decisioni integrative, un’organizzazione può decidere le migliori soluzioni per crescere se stessa con un approccio incrementale e agile: “safe enough for now, good enough to try”.
Una volta scritte, queste regole si applicano a tutti, allo stesso modo: e possono essere nuovamente modificate, da chiunque, ripartendo da capo con il processo integrativo. Si può tornare sui propri passi, migliorare la formulazione, chiarire ulteriormente, rendere maggiormente espliciti i concetti.
Con l’aumento del ventaglio di competenze, la diversity in azienda è un tema ormai scontato, anche quando non progettato: i luoghi di lavoro oggi sono più diversificati e connessi a livello globale che mai. In questa complessità, attingere all’intelligenza collettiva consente alle aziende di massimizzare il potenziale di ogni persona e di migliorare continuamente le prospettive.
Inoltre, Holacracy porta a distribuire i ruoli sulla base dell’esperienza e delle capacità dei dipendenti piuttosto che della forza, dell’anzianità o dell’ambizione, promuovendo al loro posto l’autonomia e la responsabilità, e quindi consente alle persone di avere maggiore padronanza dei ruoli e migliorarli, chiarirli, costantemente.
È difficile quindi parlare di D&I in un sistema holocratico, perché Holacracy è un sistema che aiuta le organizzazioni a essere naturalmente più aperte e agili.
Promuove la diversità e l’inclusione aiutando i membri del team a integrare nuove prospettive.
Autogestione, self management, non sono anarchia (come chiedono spesso alcuni): è compito del circle lead (una sorta di team manager) assicurarsi che le azioni delle persone e le decisioni del team siano in linea con il purpose e gli obiettivi dell’azienda.
Il tradizionale sistema piramidale, col suo classico clima tossico, è sostituito in Holacracy da un sistema di circles che coesistono tra loro, in cui il management ha meno potere e i dipendenti sono totalmente responsabili dei loro ruoli e delle proprie attività. Sono le riunioni, (tactical e governance meeting) il luogo dove l’intelligenza collettiva diventa il vero veicolo di permanente innovazione e miglioramento. L’azienda, in questo processo di miglioramento continuo non è più legata ad un regolamento e ad un organigramma che invecchiano nel tempo diventando rapidamente obsoleti, ma che si adatta continuamente alla storia e alle sue esigenze e caratteristiche.
In un sistema non gerarchico, in cui tutti sono autonomi nella gestione delle proprie responsabilità per il raggiungimento del purpose aziendale, in cui l’azienda è in continua evoluzione, quello che diventa ovvio è che ogni persona contribuisce con quel che è – veramente, e in pieno – e consapevolmente sceglie di promuovere gli altri intorno a sè come farebbe con sé stessa.
Il valore di un buon lavoro di D&I è quindi connesso alla consapevolezza di ciascuno: la consapevolezza di sé, del proprio ruolo in azienda, della propria partecipazione alla realizzazione del purpose aziendale.
Holacracy porta l’inclusione a un nuovo capitolo.