DEI nel tempo presente

venerdì 4 aprile 2025

7 minuti

DEI nel tempo presente

Matteo Sola intervista Martina Fuga e Francesco Frugiuele

In un’epoca di reazione globale alle istanze di inclusione, il tema DEI (Diversity, Equity, Inclusion) vive un momento delicato e controverso. Questo dialogo tra Martina Fuga, Francesco Frugiuele e Matteo Sola, esplora la portata e la direzione della DEI oggi, tra smantellamenti politici e aziendali da un lato, e necessità di andare oltre l’approccio cosmetico o dogmatico dall’altro

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La DEI è sul banco degli imputati ora?

Siamo passati da anni di rivendicazioni, affermazioni di diritti e “orgoglio” della diversità o meglio unicità di tanti movimenti rappresentativi di minoranze a lungo sommerse e non ascoltate in società a una nuova fase di reazione e messa in discussione di questi movimenti sociali?

Siamo passati dal vedere aziende che investono e innovano, a volte con convinzione a volte per convenienza e con finalità “cosmetiche”, sulle politiche DEI all’assistere allo smantellamento di questi processi e delle annesse campagne di marketing? E per quale motivo?

Siamo passati dai facili processi incentrati su l’accusa di non essere abbastanza inclusivi ad una sorta di “santa inquisizione” al contrario che minaccia di reprimere l’essere “troppo inclusivi”?

In questo contesto di apparente messa in discussione della DEI, vogliamo capire meglio quale sia o possa essere una vera prospettiva DEI contemporanea, nella sostanza, e cosa possa significare portare avanti visioni e trasformazioni efficaci su questo fronte.

Per parlarne, due voci originali dall’universo Kopernicano: Martina Fuga, punto di riferimento in materia, autrice e curatrice di numerosi testi tra cui citiamo l’edizione italiana di “Stop Bias” di Poornima Luthra e Francesco Frugiuele, founder e CEO di Kopernicana, che fortemente ha voluto una persona come Martina in questa azienda e dato avvio, di fatto, anche a questo ramo consulenziale di Kopernicana, oggi in continua crescita.

Una nuova fase di reazione e messa in discussione di questi movimenti sociali?

Per entrambi: una vostra definizione di DEI dal vostro personale punto di vista. Quando pensate alla DEI, cosa vi viene in mente?

MF – Rimango molto legata ai tre valori di riferimento della sigla DEI: voler essere pienamente noi stessi ed essere apprezzati per quello che siamo (diversità), vivere in un mondo giusto nel quale a ciascuno sono offerte le opportunità di dare il meglio di sé e portare il proprio contributo all’organizzazione (equità), essere e sentirsi parte attiva dell’organizzazione (inclusione).
Detto questo, per me significa affrontare pregiudizi ed iniquità sistemiche per creare un nuovo campo di gioco. In tal senso, è una leva per ripensare altri concetti quali quello di merito, di talento, di opportunità ed impatto.

FF – Quando penso ai programmi nelle aziende purtroppo penso a dei cataloghi di regole ed imposizioni, poi nella pratica ho visto che può non essere così e credo realmente che i concetti di fondo siano condivisibili per chiunque: diversità (di cui Kopernicana è piena e che è uno dei nostri punti di forza), equità (che è il tema di fondo del nostro lavoro e forse del mondo del lavoro in generale) e inclusione, che è molto correlata a questo, quasi un sottoinsieme per me. 

Valori di riferimento e cataloghi di regole

Martina, cosa ti preoccupa in questo periodo e quali riflessioni fa scaturire in te il momento storico che sta attraversando la DEI a livello mondiale?

MF – Sono tempi indubbiamente difficili, ma non trovo che tutti i segnali siano negativi per forza. Mi preoccupa prima di tutto come stanno le persone in questo momento, persone che in molti casi ora sentono di aver perso una voce che avevano appena trovato, soffocata dall’iper-comunicazione ostile al tema di Trump e le azioni conseguenti della sua amministrazione. Spesso si passa di “minority stress”, lo stress cronico e i fattori di pressione aggiuntivi che le persone appartenenti a gruppi marginalizzati affrontano quotidianamente a causa della discriminazione, del pregiudizio e dell’esclusione sistemica, Immaginiamolo all’ennesima potenza in una situazione come questa.
La seconda è il rafforzarsi delle correnti dei detrattori della DEI, che sempre sono esistiti ma che ora si sentono legittimati e che possono quindi uscire allo scoperto. Questo lo vediamo a tanti livelli, anche nelle aziende. Il lato positivo è il poter sapere chi agiva in modo autentico e chi no su questo tema, superando anche il “diversity washing”, forse.

Il lato positivo è il poter sapere chi agiva in modo autentico e chi no su questo tema

Francesco, possiamo probabilmente dirci che al di là del versante politico, che ci interessa poco, le spinte e controspinte, le trasformazioni e le reazioni o resistenze in materia di innovazione sono la normalità. Come sono da leggere queste dinamiche in materia di DEI? Quali riflessioni dovrebbero stimolare in chi si occupa di trasformazione organizzativa?

FF – Vero, così come il fatto che le mode sono mode e se sono tali non durano. Tutto ciò che viene messo a terra in modo superficiale, incluso il dogmatismo e il dire che qualcosa è semplicemente “giusto”, per quanto vero in alcuni casi è comunque soggettivo (sottoposto a diverse percezioni e prospettive individuali) e quindi attaccabile, non efficace se approcciato in tal senso o solo in tal senso. Per questo ci stiamo rendendo conto di chi ci tiene davvero alla DEI e chi no, perché se sei convinto, vai oltre le etichette e la superficie o la semplice forma delle cose.
Le polarizzazioni, poi, sono eccessi che prevedono sempre in quanto tali dei rimbalzi o persino dei crolli. Chi si è sentito eccessivamente attaccato nel recente passato, probabilmente ora si è sentito legittimato a reagire con altrettanta forza e molto di quello che sta succedendo in US è leggibile sotto questa lente di lettura. Serve recuperare anche una certa capacità di discernere, discutere, far incontrare opinioni diverse ecc. 

Serve recuperare una certa capacità di discernere, discutere, far incontrare opinioni diverse

Martina, perché e come dovremmo perseverare nelle strategie DEI in azienda oggi?

MF – Il primo passo è smantellare un malinteso di fondo: la DEI non è un’azione fatta per favorire qualcuno, ma è qualcosa che ci riguarda tutti a prescindere dalle etichette.
Riguarda chiunque si trovi anche solo a volte escluso o sottorappresentato, discriminato ecc. Riguarda donne e uomini, giovani e anziani, caregiver e tutte le persone che hanno bisogni e vivono situazioni semplicemente umane.
Il secondo passo è la convinzione: andare oltre la DEI come nice to have, per considerarla come valore aggiunto e parte della strategia dell’organizzazione. Questo nella testa di ogni leader, perché non è una questione solo HR depriorizzabile o delegabile ad altri. Dobbiamo farla entrare nel sistema operativo dell’azienda e nei suoi meccanismi di funzionamento: nelle riunioni, nelle decisioni, nei processi di hiring, nelle politiche aziendali, nella distribuzione del lavoro, nella costituzione dei team, negli accordi tra colleghi e colleghe, nella comunicazione interna. È l’ottica che proponiamo noi come Kopernicana. Entrare nella sostanza del lavoro e nel motore del benessere, di conseguenza, di ogni persona che lavora. 

Smantellare un malinteso di fondo: la DEI non è un’azione fatta per favorire qualcuno

Francesco, cosa ti aspetti che cambi in materia di DEI oggi e dove pensi che andremo a parare? Potrebbe scomparire? Potrebbe cambiare radicalmente forma e tradursi in altro?

 

FF – Chiaramente è molto difficile dirlo. Mi aspetterei altre wave simili o parenti di quella che stiamo osservando e magari di nuovo contrarie.
Quello che credo e che trovo più interessante è che, al netto di questo fronte ma connesso ad esso, le organizzazioni si stanno muovendo verso i sistemi a rete. Il web da movimento ultra distribuito si è poi di nuovo concentrato, ricompattato, ma nella fase web 3.0 vediamo di nuovo un’apertura.
Le implicazioni di questo movimento mi portano a dire che, in un sistema a rete, dove è più difficile prevaricare ed imporsi sugli altri, la DEI diventa un tema di reale equità nella pratica e non più un fatto di buonismo: diviene persino utilitaristica in senso buono.
Per questo credo che la DEI resisterà, cioè anche per un tema di meccaniche individuali e collettive insieme, che interesseranno sempre di più a tutti e tutte, oltre le diverse categorie di appartenenza. Quindi mi aspetto che la DEI – quella fatta sul serio – rimarrà e che più il potere si decentra, più l’equità diventerà essenziale e dipendente dal design organizzativo, che è la vera chiave.   

Più il potere si decentra, più l’equità diventerà essenziale

Martina, un esempio concreto dei benefici tangibili e non solo sbandierati, per il business e la “salute” organizzativa insieme, correlati ad investimenti DEI, che hai potuto osservare con i tuoi occhi in questi anni?

MF – Citerei ad esempio l’esperienza di Kopernicana in Var Group, dove la DEI è iniziata da una semplice analisi, una survey e dove, grazie ad un solido commitment della leadership, è diventata una vera trasformazione organizzativa.
Non solo formazione, ma strategie e pratiche operative. Pratiche che oggi non vengono vissute come un dovere, ma un’opportunità ed un valore per l’organizzazione. I risultati sono visibili e misurabili in dati tangibili connessi al benessere delle persone così come all’efficienza organizzativa.
L’impatto va dal dialogo interno all’azienda agli aspetti più pratici e quotidiani, la DEI sta navigando nell’organizzazione attraverso le pratiche che le persone stanno agendo nella vita lavorativa ogni giorno.

L'esperienza fatta con Var Group

Francesco, da imprenditore e uomo di business, perché è importante riflettere su una materia come questa in qualità di leader aziendali? Cosa consigli ai tanti CEO con cui sei in contatto?

FF – Ai CEO consiglio di non preoccuparsi della DEI come etichetta politica, ma di preoccuparsi del fatto che un’azienda non equa e non realmente inclusiva nella pratica non sarà in grado di affrontare il futuro.
Non è un tema di giusto o sbagliato o di opinioni personali, è un tema di efficacia e di funzionamento aziendale. Serve lavorare su questo per crescere e crescere bene come business, fine della questione.

Ai CEO consiglio di non preoccuparsi della DEI come etichetta politica

Per entrambi: un augurio sul futuro delle organizzazioni, magari grazie ad una nuova e rinnovata politica DEI.

MF – Mi auguro che si trovino le energie giuste per uscire dalle polarizzazioni, per quanto ci siano comunità marginalizzate e comunità che hanno goduto di privilegi e opportunità più di altri, la DEI riguarda davvero tutti e tutte, se usciamo da questa dinamica è possibile costruire un futuro del lavoro veramente aperto a tutte e tutti.
Inoltre, mi auguro la capacità di resistenza o antifragilità, quella utile al momento per non soccombere a queste polarizzazioni e rimanere “attaccati” alla nostra sfera di influenza, perché è lì che possiamo fare la differenza. 

FF – Mi auguro che in futuro questo tema non sia più divisivo e che non rimanga solo un sogno utopico rispetto alla realtà. Mi auguro aziende che veramente diventino inclusive in pratica e che la DEI diventi un tema condiviso e non solo per addetti ai lavori ed esperti di vario genere.
Serve superare la fase delle rivoluzioni e controrivoluzioni per integrare questi temi nella normalità e quotidianità delle organizzazioni e dei loro tratti costitutivi.

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Quando si parla di Diversity & Inclusion ci si concentra sul fatto che il punto di caduta è strategico, per l’azienda. Quindi non solo una questione da HR. Occuparsi di Diversità, Equità e Inclusione oggi non è più solo un nice-to-have,

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