La trasformazione di SACE tra Skill-based organization, Career GPS e settimana corta

martedì 19 marzo 2024

10 minuti

La trasformazione di SACE tra Skill-based organization, Career GPS e settimana corta

Abbiamo intervistato Gianfranco Chimirri, Chief People Officer di SACE

Kopernicana è sempre alla ricerca di casi concreti di innovazione organizzativa e ultimamente si parla tanto di settimana corta, di modelli legati alla gestione consapevole dello Smart Working e del lavoro ibrido e nuovi orientamenti legati alla gestione della crescita delle persone in azienda, essendo ormai in crisi (così come lo sono le forti gerarchie tradizionali) il concetto di carriera lineare e primariamente verticale. Si tratta di trasformazioni profonde non solo nei modi di lavorare, ma anche nei modelli HR di gestione, nella cultura aziendale e nel mindset delle persone stesse.

Tra le aziende che stanno spingendo su ambiziose e profonde trasformazioni in campo HR, coerenti con questi trend, troviamo SACE, il gruppo assicurativo-finanziario italiano specializzato nel sostegno alle imprese e al tessuto economico nazionale attraverso un’ampia gamma di strumenti e soluzioni a supporto della competitività in Italia e nel mondo.

In SACE troviamo Gianfranco Chimirri, Chief People Officer da circa un anno dopo una lunga esperienza fatta in Unilever.

Abbiamo chiesto a Matteo Sola di intervistarlo ed ecco cosa ne è uscito.

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Eccoci qui, Gianfranco, raccontaci prima di tutto questa novità che avete appena lanciato del Career GPS, di cosa si tratta?

Il “Career GPS” è un pezzo del programma di “Skill-based organization”, che affonda quindi le sue radici in un più ampio processo di trasformazione culturale ed organizzativa del Gruppo, con l’ambizione di mettere al centro le nostre persone quale asset di vantaggio competitivo sul mercato e principale driver di creazione di valore per i nostri stakeholders.

The case for change:

La decisione di evolvere verso una end-to-end skills driven organization è stata presa come risposta a due sfide/opportunità di grande magnitudo per il Gruppo:

  • Sfida interna: come rispondere alla nuova missione SACE di player trasformativo del mercato domestico (e quindi non solo più legato all’export) attraverso il supporto a 65K PMI nell’evoluzione verso modelli di business ad alto contenuto digitale e sostenibili (ESG driven)? In altre parole come industrializzare la produzione di garanzie finanziarie?
  • Sfida esterna: la industry dei Financial Services sarà tra le più impattate dalla GAI, il 60% delle competenze sarà “augmented”, 22% replaced, solo 28% safe.

Di fronte a questa duplice sfida/opportunità come rendere la nostra workforce future proof e quindi la nostra azienda sempre competitiva? Come garantire l’allocazione dinamica delle risorse, per permettere l’adeguato livello di agilità, adattabilità e responsiveness richiesta dal mercato?

Come permettere alle nostre persone di evolvere costantemente le loro skills, in linea con le loro attitudini, aspirazioni e purpose?

Lo shift di paradigma è stato il seguente: mettere al centro non più il ruolo ma le competenze.

Siamo passati da una logica “one-to-one”, quindi ruolo-persona, a una logica “one-to-many”: ogni lavoratore è un unico portafoglio di skills che può contribuire a creare valore all’organizzazione in diverse modalità, investendo la sua capacity in molteplici progetti, tasks e pieces of work. I ruoli in tal senso sono come dei componenti Lego che si montano e si smontano, i ruoli sono scomposti in tasks cui contribuire in base al tuo portafoglio di skills esistente o futuro (da sviluppare)

Come è cambiata l’organizzazione? Come è evoluto il tradizionale modello funzionale, basato su competenze specialistiche e verticali?

Lato business, quando nasce un progetto i team vengono staffati al 100% sulla base delle skills. Sulle strutture di supporto abbiamo un modello 70/30, dove il 70% del tuo tempo viene dedicato alla tua attività prevalente, mentre il 30% viene dedicato alla partecipazione a progetti fuori della tua area.

Per raggiungere questo risultato abbiamo fatto una mappatura delle skills, sia quelle esistenti che quelle emergenti e qui abbiamo un primo punto interessante: le skills emergenti vengono individuate tramite un tool di intelligenza artificiale che è in grado di aggiornare lo skills catalogue aziendale in real time, rispetto ai trend di mercato nella industry di riferimento, prendendo dati esterni da fonti quali LinkedIn, dal World Economic Forum ecc.

Sulla base del catalogo, noi oggi abbiamo la possibilità di conoscere in real time i gap di competenze delle nostre risorse rispetto a quelle attese ed emergenti, una skill gap analysis, che ci ha permesso di fare uno “strategic workforce planning” skill-based.

Questo ci aiuta ad adottare il modello delle 4B: possiamo distinguere dove possiamo automatizzare, quindi Bot, dove possiamo sviluppare le skills internamente, quindi Build (strategicamente pensiamo di poterlo fare nell’80% del fabbisogno attuale), dove fare un Buy (recruiting) e Borrow dall’esterno per avere capabilities anche solo temporaneamente.

Mettere al centro non più il ruolo ma le competenze

Come questa prospettiva cambia l’approccio alla crescita delle persone in azienda?

In questo quadro il People Development diventa più centrale, ma cambia anche natura. Abbiamo smontato il piano di gestione dei talenti tradizionale (esclusivo modello Hilton) e fatto piani di sviluppo personalizzati: tutti sono talenti, secondo una visione molto più democratica, dove l’ownership dello sviluppo e della carriera stessa è delle persone direttamente (modello AIRBNB).

A questo serve realmente il Career GPS: tu sei l’owner e il GPS guida rispetto a quelle che sono le tue scelte di carriera in tre modalità:

  • Il GPS indica quali sono gli skills-set più vicini e lontani al tuo profilo di competenze attuale, di conseguenza orienta la tua carriera fornendo data points oggettivi, quantificando l’investimento in termini di sviluppo di skills hard e soft per raggiungere il lavoro dei tuoi sogni, perché puoi sapere quale è la tua distanza (gap) in termini di skills
  • Il GPS, agendo come advisor, ti suggerisce secondo il modello 70/20/10 che abbiamo implementato, come sviluppare quelle skills: puoi partecipare a progetti interni interfunzionali (on the job), puoi partecipare a queste iniziative di sviluppo e networking quali (coaching, mentoring, community), puoi accedere alle piattaforme di e-learning per sviluppare questi percorsi ecc. Se vuoi andare a Milano e dista 400km, ci puoi andare col treno, con l’aereo, con la macchina ecc. Insomma un vero Waze della carriera.
  • Infine il GPS agisce come future looking career coach: crea consapevolezza rispetto agli skills-set verso i quali ti dirigi segnalando se sono in high demand o in low demand. Il GPS indica se una competenza emergente è strategica e lontana o vicina da te, ma anche se c’è traffico perché al momento molte persone stanno andando in quella direzione, avvisandoti del fatto che la competizione sarà di conseguenza più alta e che magari in futuro di quello skill set ci sarà meno bisogno, o viceversa può suggerirti percorsi alternativi verso skills set meno richiesti ma in grande crescita in azienda.

Il People Development diventa più centrale, ma cambia anche natura

È in sostanza una concretizzazione grazie alla tecnologia del famoso “self-development approach”, dove è la persona, responsabilizzata, a fare le proprie scelte di carriera ed investimenti sulle sue competenze per abilitarla, supportata dagli strumenti che il contesto gli mette a disposizione, giusto?

 Sì, tu sei l’owner, ma io sono il tuo advisor, ti permetto di fare scelte consapevoli e data driven, in trasparenza. Questo perché può capitare che, ad esempio, nei prossimi tre anni sulla tua direzione di crescita non solo c’è traffico, ma quel mestiere che ti interessa sarà meno richiesto, non di più, mentre magari se giri in un’altra direzione, da Milano e Bologna per rimanere sulla metafora di prima, per sviluppare altre skills, forse c’è più distanza dal tuo set attuale, però c’è meno traffico, è un oceano blu e soprattutto è un’area in high demand.

E c’è di più: come azienda ci dà allo stesso tempo tutta una serie di informazioni per capire rispetto alle esigenze di allocazione delle persone quali sono i profili più vicini, i potenziali candidati ai job posting, chi siede in un ruolo stabile, chi siede in un ruolo a rischio o in ruolo chiave. Quindi, per me, se ho tre candidati con uno skills-set analogo, ma uno è a rischio obsolescenza, uno è stabile e un altro si trova in un ruolo chiave, posso orientare le mie priorità di investimento in modo funzionale, privilegiando il redeployment di qualcuno il cui skills set sarà magari più impattato dalla tecnologia.

L’azienda ha la possibilità di costruire una forza lavoro “future proof”, perché sa dove si trovano i problemi, dove sono le competenze e cerca di fare il miglior incrocio possibile in un quadro in cui le persone hanno finalmente un modello di totale trasparenza dove sanno cosa serve per raggiungere tutti i profili, compreso quello dell’amministratore delegato. Fai scelte di sviluppo e di carriera consapevoli. Questo è un enorme upgrade.

L’azienda ha la possibilità di costruire una forza lavoro “future proof”

Tutto ciò ha un impatto anche sulle meccaniche di compensation?

Sì, c’è anche qui un nuovo approccio, la “Skills-based compensation”.

Il pacchetto cambia e la parte variabile per il 50% è legata allo sviluppo delle skills, ma anche il fisso viene impattato. Si tratta di integrare alla classica e tradizionale pesatura delle posizioni la valorizzazione delle skills in termini di valore di mercato, ma anche strategicità e disponibilità all’interno dell’organizzazione delle skills, così come rispetto al mercato esterno e secondo il ciclo di vita delle skills stesse.

Di nuovo, in materia di promozioni e aumenti avremo tutta una serie di dati reali utili a prendere decisioni informate. Quindi, in sostanza se ho due HR che a parità di ruolo tecnicamente dovrei pagare in maniera simile, ma uno di questi ha un set di competenze più strategiche, con più valore sul mercato e su cui la persona ha investito, questo dovrà essere valorizzato di più.

È un sistema che aiuta a valorizzare di più le competenze che danno valore aggiunto ai ruoli e che incentiva di conseguenza lo sviluppo. Il modello skills-based comunica alle persone che tutto dipende dalla loro voglia e capacità di sviluppare competenze spendibili all’interno del mercato interno dei talenti. Questo ovviamente non solo in chiave verticale, ma anche e soprattutto orizzontale, che è la vera sfida di oggi.

E di conseguenza la tua retribuzione evolve non in funzione del ruolo in sé o del movimento gerarchico, ma della tua spendibilità per l’organizzazione e dell’investimento strategico su quelle competenze che fanno la differenza a seconda del momento storico.

Il modello skills-based comunica alle persone che tutto dipende dalla loro voglia e capacità di sviluppare competenze spendibili all’interno del mercato interno dei talenti

Ma come facciamo effettivamente a sviluppare e dimostrare di avere acquisito queste skills? Esiste un meccanismo di riconoscimento formale?

Esiste un meccanismo primariamente di “peer-to-peer validation”. Lavorando tutti su progetti interfunzionali, sono i tuoi colleghi che valutano le skills che vengono agite.

Come dicevo, l’assunto in termini di allocazione del tempo di una persona è 70/30 (dinamico a seconda dei periodi). Noi postiamo oltre 500 progetti l’anno, progetti che ti permettono di lavorare fuori dalla tua area, con l’obiettivo di creare profili sempre più “T shaped” (con una verticale principale, ma forte bagaglio di competenze orizzontali, spendibili in altri ambiti professionali) o ancora meglio multishaped.

Attenzione: non parliamo di progetti creati da noi, ma dei normali progetti di ogni area, quelli che prima rimanevano chiusi all’interno dei team e che ora invece vengono aperti a contributi esterni.

Ad esempio, il progetto relativo alla nuova formula della Compensation: una cosa è farlo noi HR, una cosa è dire “la postiamo e apriamo il progetto al contributo di altre persone”. Non è “mi invento 500 cose da fare”, sono attività che prevedono un team core che avrebbe fatto comunque il progetto nel senso tradizionale e persone che vengono da fuori dall’area, anche per prendersi un contributo diverso in termini di freschezza delle diverse prospettive. Questo crea networking e sinergie tra aree, favorendo ulteriormente la mobilità orizzontale. L’obiettivo è che l’80% della mobilità venga gestita all’interno del tuo “talent marketplace”, quindi per assumere nuove persone andrai sempre meno sul mercato esterno.

Esiste un meccanismo primariamente di “peer-to-peer validation”. Lavorando tutti su progetti interfunzionali, sono i tuoi colleghi che valutano le skills che vengono agite.

Un modello di gestione delle progettualità molto Agile grazie a questa interfunzionalità e sicuramente sfidante. Cosa lo abilita?

Gran parte dei progetti li gestiamo in modalità Agile. Entro un paio d’anni andremo in scale up completa grazie a competenze specifiche, Scrum Master, metodologie come quella OKR per garantire che il modello di gestione delle priorità dei progetti sia chiaro e trasparente a tutti: questo è stato fondamentale per permettere la flessibilità che abbiamo riconosciuto.

Questo anche perché nel momento in cui abbiamo garantito totale flessibilità, ribaltando il concetto che il tempo è la misura per la creazione di valore, dobbiamo avere degli obiettivi chiari che permettano di auto-organizzarsi salvaguardando il bilanciamento tra produttività e benessere.

Nel momento in cui abbiamo garantito totale flessibilità, ribaltando il concetto che il tempo è la misura per la creazione di valore, dobbiamo avere degli obiettivi chiari che permettano di auto-organizzarsi salvaguardando il bilanciamento tra produttività e benessere

A proposito di flessibilità, cosa puoi raccontarci del vostro modello di sperimentazione della settimana corta?

Sono in contatto con tutte le altre aziende stanno facendo cose simili e la nostra filosofia è diversa. Noi siamo partiti da un principio, quello di “Freedom & Responsibility”, ispirato dal Manifesto culturale di Netflix, ma applicato in un contesto culturale e sociale diverso.

Abbiamo tolto le timbrature, perché non ci interessa quante ore lavori, lo smartworking è activity-based, perché abbiamo tolto il numero fisso di giorni da remoto (un mostro tutto italiano, che non serve a niente), pur incentivando i team a lavorare in ufficio per l’attività di collaborazione e di generazione idee nelle aree di innovazione.

Quindi abbiamo introdotto la settimana di quattro giorni, ma di nuovo in una logica totalmente flessibile: il giorno in meno te lo puoi prendere quando vuoi. Puoi fare una settimana da 4 o da 5, due da 4 o due da 5 ecc. sulla base di una pianificazione mensile in cui le persone si autogestiscono. Chi vuole continuare a lavorare cinque giorni su cinque inoltre può farlo altrettanto liberamente.

Stiamo anche lavorando molto seriamente su misurazione e tecnologia in questo campo.

Abbiamo chiamato il Politecnico di Milano per misurare quello che stiamo facendo e capire se funziona, da un lato e utilizzato Microsoft come acceleratore dall’altro, lanciando “Copilot” e “Microsoft Viva”.

Il tema è che se pensi di fare in 4 giorni esattamente ciò che facevi in 5 sei fuori strada. Non ci riuscirai mai se non metti in discussione le modalità di lavoro, non le semplifichi e riduci le attività a basso valore aggiunto che rubano tempo nel quotidiano.

Copilot ad esempio è uno strumento potentissimo di intelligenza artificiale supporta nello scrivere documenti, creare slide, fare ricerche ecc. Il nostro messaggio è questo: tutto il tempo che si libera grazie alla tecnologia lo puoi utilizzare per attività ad alto valore aggiunto, per il tuo sviluppo o per il tuo benessere.

Abbiamo messo la tecnologia a supporto della flessibilità, perché diversamente non funzionerebbe, in una vera logica di augmentation e non di replacement.

Dietro c’è il vero framework, che è valoriale, da cui è partito il modello “Freedom & Responsibility”. Ci serve a procedere nell’eliminare regole, regolette, policy, processi burocratici ecc. Quindi all’interno del perimetro valoriale puoi muoverti come persona più liberamente, agendo come un leader, prendendo decisioni, generando nuovo idee, facendo challenge allo status quo, con il livello di accountability e respondability che ogni vero leader ha. È il modello leader-leader: noi sviluppiamo leader (ovvero decision makers con la owner mentality) ad ogni angolo dell’organizzazione.

Il tema è che se pensi di fare in 4 giorni esattamente ciò che facevi in 5 sei fuori strada

Cosa vi riserva il futuro?

Lo scale-up dell’Agile, come dicevo e la costruzione dell’HR Virtual Assistant alimentato dalla GAI ed in grado di liberare il tempo dei nostri colleghi del core HR e garantire una migliore experience a tutti i colleghi. Stiamo lavorando inoltre su sistemi ulteriori di “Peer Recognition”, che è un altro elemento di democratizzazione importante, cioè la capacità di dare ai colleghi la possibilità di darsi feedback e premiarsi costantemente a vicenda durante l’anno, sempre con l’idea di riconoscere e celebrare i nuovi comportamenti sani per l’organizzazione. Tutto deve essere legato all’azione di valore.

Hai voglia di incontrarci, di valutare cosa potremmo fare insieme per la tua organizzazione?

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