Strategia e OKR: una relazione senza “impliciti”

lunedì 4 marzo 2024

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Strategia e OKR: una relazione senza "impliciti"

Perché chiarire presupposti e intenti aiuta tutta l’organizzazione a gestire la transizione da protagonista

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Sul contenuto della strategia, e su come ottenerla, la dottrina non è chiara e la conversazione è sfaccettata.

La quantità di consulenti che si occupano di consulenza strategica, dalle boutiques alle big4, ci fa capire che è considerata una cosa “difficile” che richiede la presenza di persone formate specificamente in scrittura della strategia.

Il principio che guida Kopernicana è che le aziende hanno già in sé tutte le competenze che servono: spesso invece sono gli strumenti che utilizziamo a non essere più aggiornati, o a non essere più adeguati ai tempi che stiamo vivendo.
Nella nostra esperienza, questa strategia si rivela essere un difficile documento di previsione delle direzioni del mercato – o dei mercati – specifici del business, e qualche indicazione di direzione con un orizzonte a tre o cinque anni. Normalmente questo documento risiede bello stampato in un cassetto, o in una mail ricevuta tempo fa e mai più rivista o ri-analizzata. 

E invece la strategia è l’attualizzazione del purpose rispetto al periodo storico e al contesto specifico che abbiamo di fronte.

La strategia è l’attualizzazione del purpose rispetto al periodo storico e al contesto specifico che abbiamo di fronte

La strategia è quindi uno strumento politico. È lo strumento con cui i delegati, l’amministratore e il board, chiariscono a tutti dove intendono portare l’organizzazione: per questo è necessario che sia espressione diretta di questi soggetti e non di consulenti.

La strategia è lo strumento sul quale modelliamo e aggiorniamo continuamente  la forma organizzativa, affidiamo perimetri decisionali e responsabilità in base ai quali le persone possono decidere in modo autonomo:  è lo strumento con cui costruiamo il nostro essere un’organizzazione che sta dentro la storia. Non una volta per tutte, ma continuamente.

Uscire dagli impliciti, chiarire i presupposti e gli intenti, aiuta tutta l’organizzazione non solo a gestire la transizione, ma ad esserne protagonista.

La strategia è quindi uno strumento politico

Gli OKR si inseriscono in questo percorso, consentono di uscire dagli impliciti e di mettere le basi per una nuova cultura nell’organizzazione. Perché gli OKR non possono vivere senza una strategia di partenza: servirebbero solo come esercizio formale, una inutile burocratizzazione del lavoro quotidiano. Gli OKR sono la dichiarazione di cosa ogni team farà nel breve termine – tre, o quattro mesi – perché l’organizzazione raggiunga il suo proposito, secondo la strategia di quel periodo. 

Cosa serve? Gli OKR richiedono autonomia, richiedono una conversazione, un’analisi puntuale – e su breve periodo – del contesto e della direzione da dare al futuro.

Quando facciamo gli OKR nelle aziende, spesso l’analisi della situazione c’è: la cosa che davvero manca è la conversazione. Una conversazione matura, però: non una catena di riunioni tra manager che riportano più o meno informazioni, ma una conversazione che metta al centro in modo intenzionale il contesto e l’adattamento della strategia a questo.

La consapevolezza di dove ci troviamo, ad ogni istante. E la condivisione della direzione che vogliamo dare al nostro lavoro, al nostro stare nel mercato e – più in generale – nella società

Gli OKR non possono vivere senza una strategia di partenza

Come la strategia è uno strumento politico, anche gli OKR lo sono: attraverso questo strumento i team dichiarano in autonomia come contribuiranno alla direzione che ha preso l’organizzazione nel suo insieme.

Dichiarare l’impatto è, nella sua semplicità, una delle fasi straordinarie della scrittura degli OKR: l’Obiettivo, oltre a dichiarare a tutti la priorità su cui si concentrerà il team nei prossimi mesi, dichiara anche perché questa priorità è necessaria in questo periodo. Quale è il suo impatto sul business, sul prodotto, sul fatturato, sulla sostenibilità dell’organizzazione.

Mappare le priorità strategiche per ciascun gruppo non è il solo vantaggio, per chi usa questo framework: il secondo è la possibilità di individuare metriche su cui concentrarsi per capire se le priorità sono efficaci. Ogni organizzazione ha kpi di tutti i tipi che misura costantemente: averne tanti però è come non averne nessuno. Non possiamo concentrarci su tutto.


I risultati chiave – invece – sono l’esito di una serie di azioni, sono l’esito di porzioni del mio “business as usual”, la metrica su cui ci concentriamo – e sulla quale creiamo la nostra narrativa a tutta l’organizzazione – per verificare nel corso delle varie settimane se il nostro lavoro è efficace rispetto alla priorità sulle quali ci siamo focalizzati.

Lo so, è un gatto che si morde la coda: l’organizzazione descrive la strategia, definisce priorità di breve periodo, ne monitora il raggiungimento tramite i risultati chiave. Racconta strategia e OKR agli altri livelli, e questi rispondono valutando su cosa focalizzare il proprio lavoro nello stesso periodo, dichiarando ulteriormente come ne misureranno il raggiungimento. Il risultato è un cruscotto che mostra dove sta andando tutta l’organizzazione, perché sta andando in quella direzione, come dimostra che ci è arrivata. Non solo: si monitorano in tempo reale – di check-in in check-in, e di retrospettiva in retrospettiva – i cambiamenti di rotta, le emergenze che impattano l’organizzazione, o una parte di questa. 

Come la strategia è uno strumento politico, anche gli OKR lo sono

Perché come diceva Helmuth von Moltke (1800–1891), il feldmaresciallo tedesco noto come Moltke il Vecchio “Nessun piano operativo si estende con certezza oltre il primo incontro con la forza principale del nemico”.  E quindi anche se la validità degli OKR è un trimestre o un quadrimestre, e quindi un periodo relativamente breve, arriva sempre qualcosa dal mercato, dalla normativa, dalle mode o dai colleghi di un’altra area, che ci fa prendere la decisione di cambiare obiettivi, risultati… o la strategia.

Non ci sono consulenti a cui potete affidare queste cose.
Come reagire alle sfide del mercato, come reagire alle sfide interne, come reagire alle emergenze, potete deciderlo solo voi. Voi con le vostre persone al vostro fianco.

Se volete ottenere il massimo da questo framework, il vero motore è la vostra intenzione di cambiare stile, cambiare approccio e diffondere una nuova cultura, meno basata sul controllo come lo conosciamo, e più basata sulla consapevolezza e sulla condivisione.

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