Reimpostare davvero tutti i processi culturali collegati al lavoro e alla produttività

lunedì 2 gennaio 2023

8 minuti

Reimpostare i processi culturali collegati a lavoro e produttività

Una nipotina e ciò che spesso e volentieri accade nelle nostre aziende.

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La scorsa settimana la mia nipotina ha cominciato la prima media.
Il primo giorno di scuola gli insegnanti hanno chiesto a lei e ai suoi compagni – dopo aver chiesto loro di comprare il diario stampato dalla scuola stessa – di prendere una squadra e tracciare una riga a 8 quadretti dal bordo di ogni foglio. Recto e verso.

Immaginatevi di tirare 250 righe in un pomeriggio di settembre, perché il vostro superiore vuole che da una parte scriviate la materia, dall’altra il compito del giorno.
Serve? È utile ai ragazzi? Serve a far fare meglio il compito? A imparare di più?

La storia della mia nipotina mi è sembrata una buona approssimazione di quello che spesso e volentieri accade nelle nostre aziende.
In pratica, nel mondo che abbiamo costruito la relazione con il superiore, con il responsabile è basata sul farsi dire cosa fare. Spesso cose che hanno un’utilità totalmente soggettiva, che funzionano (o che hanno funzionato, nel passato) per il responsabile. Sono ancora sensate, applicabili, oggi? In alcuni casi anche in versione scaricabarile: il “me lo ha scritto lui” con cui dissociarsi da un’azione che il lavoratore sa già essere errata, o imprecisa.
Mia nipote forse potrebbe prendere nota dei propri compiti su un foglio di calcolo, a cui linkare anche i materiali da studiare, la ricerca, gli esercizi di matematica, e tenere tutto archiviato in un solo posto, per tutto l’anno, reperibile per tutti gli anni a venire.
Potrebbe. Per ora invece tira righe sul diario, fino almeno alla metà di giugno 2023.

Durante il primo lockdown, nella primavera 2020, il forte stress nelle aziende era dovuto alla necessità spasmodica (con ricadute spesso illegali) di controllare che le persone facessero esattamente quello che gli veniva detto di fare.

Eppure quel periodo ha dimostrato che, nonostante l’assenza di strumenti, la difficoltà tecnologica, il digital divide di alcuni territori, grazie al lavoro da remoto i team e le aziende sono in generale stati più produttivi del periodo precedente. Agli italiani sono bastate poche settimane per adeguare la tecnologia domestica, gli strumenti, l’arredamento.

Quello che invece richiede ancora tempo – evidentemente – è reimpostare davvero tutti i processi culturali collegati al lavoro e alla produttività.
E insieme a quelli, i modelli di sviluppo delle città come centri “fisici” della produzione e del terziario.
I modelli di sviluppo delle infrastrutture (dalla rete stradale alla fibra).
I modelli di abitabilità: il senso dei “quartieri dormitorio” si è perso definitivamente con il Covid, e dall’altra parte si è rivalutato quello dei piccoli borghi.
La normativa: in due anni di smart working su questo tema non siamo ancora riusciti a trovare una quadra, e – quasi in modalità “agile” – ci limitiamo a dichiarare impegni poco più che trimestrali.
Come il provvedimento uscito questa settimana, ultimo atto del ministro Orlando prima della scadenza elettorale, che proroga a fine dicembre il diritto allo smart working per chi ha figli minori di 14 anni, e per i lavoratori fragili. Nella Grande Zuppa della L.n. 142 pubblicata il 21 settembre 2022 e chiamata Aiuti Bis” si porta inoltre all’ultimo giorno di quest’anno il termine entro cui per le aziende private sarà possibile ricorrere al “lavoro agile” in modalità semplificata e in assenza di accordi individuali (e cioè, senza ricorrere alla modalità prevista dalla normativa attuale, ancora quella risalente al 2017: di fatto un’era geologica fa).

Cosa significa: che ancora per qualche mese è valida la modalità “emergenziale”. Restano quindi ancora tre mesi agli uffici HR per la comunicazione semplificata al Ministero. In soldoni, è questo il tempo di muoversi.

Mai come in questo periodo le persone hanno potuto riconoscere il proprio nucleo familiare, e portarne le esigenze in azienda in modo semplice e condiviso. È normale ormai vedere i colleghi in riunione con un bambino in braccio, il genitore anziano inquadrato dalla webcam mentre passa con la cesta della biancheria, ricevere un pacco di Amazon, aprire la porta all’idraulico durante una videocall.
Mai come in questo periodo le vite personali dei dipendenti si sono legate strettamente alla vita dell’azienda: la loro autonomia organizzativa è quel che ha reso questo uno dei periodi più produttivi per il nostro Paese (Ref Eurostat, tab 4).

La Restaurazione non è mai stata la soluzione ideale. Dopo esserci attrezzati al lavoro da remoto, dopo aver preso nuove abitudini che danno un nuovo senso alla quotidianità, dopo aver dimostrato con i numeri l’efficacia dello smart working, la scelta adesso torna in mano alle aziende: ha senso, oggi, un Congresso di Vienna, che ci riporti a normare esattamente quanti giorni devo stare in ufficio, e quanti no, quante ore posso (o devo) stare collegata al computer, per rispondere a capi e colleghi?
Per approfittare dell’esperienza acquisita, sfruttare le possibilità che ancora per qualche mese ci dà la legge, senza esagerare nel Command and Control gli strumenti a nostra disposizione sono tantissimi.

Per chi vuole lanciarsi in uno smart working efficace, il suggerimento è quello di lasciare ad altri la questione dell’abilitazione tecnologica, necessaria ma secondaria, e concentrarsi invece sul risultato che si vuole ottenere, investigando le esigenze che staranno alla base delle scelte di chi lavora con noi:

1. Progettare i momenti di incontro tra le persone che lavorano normalmente da remoto.
Basta team buildings, le persone non devono trovarsi simpatiche obbligatoriamente, né andare al lavoro come se andassero a sfidare i leoni nella savana.
Il lavoro da remoto richiede momenti di presenza, progettati per essere la base di partenza, di scambio, di pianificazione e chiarezza per tutti gli altri progetti che poi si seguiranno remotamente.

2. Laboratori di sviluppo organizzativo.
Quando inseriamo la parola smart di fianco a qualunque cosa intendiamo che quella è una soluzione intelligente. Ed è intelligente perché basa le decisioni su dati oggettivi.
In questo momento è importante creare in azienda una task force di analisi della situazione, dei veri e propri laboratori di innovazione organizzativa: quali informazioni ci interessano, per capire se siamo abbastanza flessibili, o se non lo siamo? Come capiamo se serve aumentare l’accesso al lavoro da remoto, o ridurlo? Gli spazi che mettiamo a disposizione dei nostri collaboratori sono efficaci per il lavoro ibrido? Quali pratiche vanno associate a questo nuovo paradigma?
Ma anche: cosa significa disconnessione per le persone? Serve ancora un “orario” di lavoro?

Obiettivo di questa struttura: far sì che l’organizzazione aziendale risponda in modo sufficientemente flessibile e adattabile alle esigenze di sviluppo personale e professionale dei collaboratori, che potranno davvero sviluppare al meglio (per sé e per l’azienda) la propria unicità, con i propri tempi e le proprie modalità. E seguire anche le esigenze della propria famiglia, in un adattamento costante alle richieste diverse del lavoro e della vita personale.

3. Self Management, autonomia e coordinamento
Le persone che lavorano in azienda sono ampiamente formate, e conoscono perfettamente il loro lavoro. Conoscono le scadenze, le esigenze dei colleghi e quelle degli altri team intorno a loro. Parlano quotidianamente con i clienti. Eppure abbiamo ancora la sensazione di avere bisogno di un manager che faccia da controllo e da riporto ai livelli superiori.
Leggetevi Holacracy, studiate la sociocrazia: nuovi modelli organizzativi che portano l’organizzazione a fondarsi sull’autonomia delle persone ci sono già, in alcuni casi sono già sperimentati da almeno un centinaio di anni.

4. Obiettivi e Risultati chiave trasparenti a tutti i livelli aziendali.
Siamo abituati a lavorare con gli MBO e a misurare la performance individuale, spingendo su individualismo e competizione interna. Quando i team si scompongono, e si lavora da soli, da casa, è meglio invece riprendere il contesto del team. Gli OKR sono uno strumento di guida strategica dei team, i risultati si ottengono quando il team è connesso e condivide i passi che vanno fatti per raggiungere la direzione che tutta l’azienda sta puntando. Attraverso il percorso dei check in e delle retrospettive, gli obiettivi prendono vita durante ogni trimestre, e tutti vedono come vi stanno contribuendo.
È meglio dover controllare il lavoro degli altri, o vedere le cose accadere in modo naturale?

5. Chiarezza, e autonomia.
Poche regole, però molto chiare e soprattutto condivise. Meglio se scritte insieme.
Da quelle scaturiscono i comportamenti: autonomia, responsabilità, cura del team, “auto-imprenditorialità”. In pratica: ogni cosa prosegue senza che al capo tocchi l’ingrato compito di passare il suo tempo a controllare.

Cosa succederà nei prossimi mesi? Di sicuro lo smart working verrà ulteriormente messo alla prova dall’aumento della spesa energetica domestica, che confrontata con i costi dei carburanti, del trasporto pubblico, del mangiare fuori porterà sicuramente a nuove riflessioni.
(A questo proposito, “Aiuti Bis” prevede il tema di welfare e rimborsi ai dipendenti: non concorrono a formare il reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati ai lavoratori dipendenti nonché le somme erogate o rimborsate ai medesimi dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale entro il limite complessivo di euro 600,00- Art.12, Ln142, 21/9/22).
La sfida sarà tra schiscetta o piatto di pasta in casa, veloce che alle due riprendiamo con le call.
Ci aspetta un lungo autunno di contraddizioni che faranno la storia.

E a mia nipote, un anno scolastico pieno di righe.

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