Se ti compri uno smartwatch sport con GPS e un paio di scarpe da corsa non significa che da lì a sei mesi sarai un atleta, in forma e, perché no, magari in grado di correre una maratona.
Ti serviranno costanza negli allenamenti, una dieta sana, riposo adeguato e una programmazione ragionata a cui ancorarsi.
Allo stesso modo, non ti basterà comprare la formazione e scrivere il primo set di OKRs per far funzionare il metodo, per far sì che il motore giri e i team diventino dei ninja nell’esecuzione della strategia.
Il metodo OKR, per consolidarsi tra i primi team sperimentali e poi, in un secondo momento, potersi diffondere in tutta l’azienda, richiede tre condizioni necessarie: programmazione, costanza, ripetizione. Ovvero, prevedere sul calendario momenti esplicitamente dedicati alla pratica e all’uso degli OKRs, anticipare che sarà difficile non commettere errori e che, grazie alla ripetizione e alla pratica, da questi sarà possibile imparare velocemente e trovare velocemente soluzioni più efficaci.
Voler adottare un metodo di lavoro diverso da quello in essere è un processo che richiede tempo proprio perché le persone ne sono la chiave di funzionamento
Prendiamo l’esempio dell’introduzione di un nuovo software gestionale in azienda.
Qualcuno nel dipartimento IT si occuperà del trasferimento dei dati e della messa a punto dello strumento, la direzione HR avrà già informato da tempo, tramite email e intranet, circa la sostituzione della piattaforma e magari provveduto a fornire sessioni di formazione dedicata, e le persone si troveranno, a un certo punto, in un qualche modo, a doversi adattare al nuovo sistema tecnologico. Il nuovo gestionale è un fatto, esiste, è stato implementato come parte dell’ecosistema aziendale e le persone non dovranno fare altro che usarlo (poi, che lo usino, come e quanto, è un altro discorso).
Immaginiamoci un esempio simile, l’introduzione di un’altra tecnologia, dove però il “trasferimento”, o meglio traduzione, dei dati e delle informazioni è distribuito tra i team (ognuno, cioè, traduce i dati di propria competenza), dove la comunicazione e l’ingaggio delle persone è distribuito tra chi guida i team e dove, periodicamente, con costanza e regolarità, le persone devono trovarsi per verificare la tenuta del sistema, registrarne i progressi, discuterne le criticità e trovare soluzioni in itinere per assicurarne l’efficacia: è questo il caso in cui tutti gli utenti della tecnologia sono responsabili del suo funzionamento, dall’avvio del motore, alla sua manutenzione. Introdurre gli OKRs in azienda è introdurre questo tipo di tecnologia, che presuppone l’innesto di un metodo di lavoro e la necessità di pratica per farlo funzionare.
Adottare il metodo OKR ha implicazioni molto chiare rispetto al coinvolgimento delle persone: cambiare il modo in cui in azienda ci si organizza per definire gli obiettivi e raggiungerli vuol dire cambiare le abitudini delle persone, dei team e di chi guida i team, relative al modo in cui si definisce, distribuisce, monitora e si esegue la strategia. Non è un passaggio da poco, e non funzionerà se il patto non è chiaro fin da subito.
Il patto con le persone è che loro saranno i principali attori e co-autori di questo cambiamento, e che questo richiederà tempo, costanza, ripetizione e tanta, tanta pratica. Non sarà sufficiente sapere tutto del metodo o scrivere gli OKRs perfetti se si vuole cambiare il modo in cui si mette a terra la strategia in azienda.
Certo, è una buona base di partenza, ma non servirà altro che pratica: scriverli, anche imperfetti, e farli girare il prima possibile, misurarli, confrontarsi, capire cosa può essere migliorato, avere materiale su cui farsi domande sul metodo e far diventare il dialogo sugli OKRs una consuetudine nei meeting settimanali o bisettimanali. Per riprendere la metafora in apertura, non sarà sufficiente aver studiato i libri sulla scienza della corsa e avere le scarpe migliori sul mercato per diventare un ottimo podista.
È nella ripetizione, nella costanza che una pratica, anche piccola, genera importanti cambiamenti.
Magari per i primi trimestri di sperimentazione degli OKRs i team coinvolti non saranno diventati i massimi esperti del metodo, ma quella parte dell’azienda avrà già iniziato a cambiare approccio e modalità rispetto a come si mette a terra la strategia: in quella parte di azienda le priorità strategiche e i risultati da raggiungere per contribuire ai target aziendali saranno stati definiti dai team stessi e non calati dall’alto con una lunga lista di KPIs sui quali dover spendere ore per preparare le monthly review dalla dubbia utilità; le persone avranno più chiare le priorità e indirizzeranno le attività con focus e allineamento; saranno i responsabili dei team che in autonomia concorderanno tra loro gli obiettivi in comune senza colli di bottiglia in attesa di approvazione dall’alto, e saranno le persone dei team ad indicare che cosa è davvero importante misurare e lo misureranno, sapendo perché lo fanno.
Ed è questo il cambiamento che, incrementalmente, renderà l’organizzazione capace di risultati straordinari.
Magari dopo qualche trimestre di pratica non correrai una maratona sotto le tre ore, ma le tue abitudini quotidiane legate alla dieta, al riposo e all’attività fisica saranno cambiate, sarai passato da essere un corridore della domenica che con moltissime energie e sforzi immensi arrivava stremato a fine gara, all’essere un atleta che con costanza e regolarità si è equipaggiato per raggiungere ottimi risultati e proseguire oltre.
Gli OKRs toccano aspetti nevralgici dell’organizzazione – la sua strategia, le sue performance chiave, la distribuzione della responsabilità e dell’autonomia – ma per funzionare non possono che partire da pratiche semplici, da “piccole abitudini” e dalle persone che scelgono di adottarle.
Buon inizio.