Perché gli OKR mettono in crisi un’abitudine che abbiamo da moltissimo tempo: quella di assegnare obiettivi principalmente per premiare economicamente le persone prese individualmente. Siamo cioè soliti vedere il tema obiettivi legato direttamente al reward monetario: bonus, variabile, MBO ecc.
Così come siamo soliti pensare che, per aumentare le performance individuali, promettere soldi alle persone sia la leva “scontata” e più efficace.
Se fai bene avrai di più: è il classico meccanismo “bastone-carota”.
Una logica che in realtà è in crisi da tempo e dai dubbi effetti reali sulla performance. I processi di performance management, in particolare, scricchiolano sotto i colpi della complessità odierna e manifestano alcuni problemi:
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sono basati su un ciclo annuale, lento e burocratico
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fissano obiettivi che nell’arco dell’anno spesso diventano vecchi e superati, dato il cambiamento continuo della realtà in cui viviamo
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lavorano solo sul piano degli obiettivi individuali, spesso isolati rispetto al quadro di insieme e non conosciuti dalle persone tra loro (che se li scordano pure rapidamente)
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sono molto discrezionali nel processo di valutazione della performance e per questo generano discussioni e conflitti legati all’attribuzione dei soldi, creando molti problemi e ben poca soddisfazione
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guardano molto al passato per valutare, ma poco al futuro per crescere
Gli OKR, invece, cambiano la prospettiva rispetto al tema dell’ingaggio e della motivazione delle persone.
Agiscono su un piano diverso, se non contrapposto:
-con gli OKR parliamo di performance aziendali e non individuali: sono uno strumento utile a condividere la strategia a 360° e coinvolgere le persone attorno ad essa, per moltiplicare gli sforzi nella direzione giusta
-con gli OKR non lavoriamo sulla leva “estrinseca” (monetaria) della produttività individuale, non valutiamo né retribuiamo le persone, ma lavoriamo sulle leve “intrinseche” della motivazione, potenziando la capacità “naturale” delle persone a contribuire ad una causa comune.
Questo approccio, infatti, agisce sul contesto in cui le persone si muovono, ponendo le basi di una nuova relazione tra persone e business, all’insegna della sfida e della crescita continue.
Per questo per noi sono di fatto inquadrabili come uno strumento di apprendimento e sviluppo, più che di performance, anche se sono molto più efficaci del performance management tradizionale nel portare ricadute anche in termini di performance delle persone.
Gli OKR agiscono sulle tre dimensioni fondamentali descritte dal ricercatore e guru della motivazione umana Daniel Pink in “Drive – La sorprendente verità su ciò che ci motiva nel lavoro e nella vita”:
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Chiarezza dello scopo: se le persone sanno dove si trovano, hanno chiaro cosa la loro azienda tenta di raggiungere (e mossa da quale purpose) e di conseguenza quale impatto portano nel loro ruolo e nel loro team. Sanno perché dovrebbero alzarsi la mattina per andare a lavoro (se non è solo per la busta paga)
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Autonomia: dare alle persone un’autonomia reale le motiva, perché possono mettere loro stesse a pieno nel lavoro e sentirsi responsabili direttamente dei risultati
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“Mastery”: diventare più bravi come professionisti, più capaci di fare quello che facciamo, ci motiva naturalmente, così come siamo motivati da hobby ed interessi extralavorativi per cui di norma non veniamo pagati (o per cui, persino, paghiamo noi).
Gli OKR sono un nuovo sistema che mette mano a tutti i vizi del performance management tradizionale, portando trasparenza radicale, oggettività basata sui dati, agilità organizzativa e pratiche di lavoro incentrate sulla continua riflessione e crescita delle persone.
Uno strumento per guardare al futuro e potenziare realmente le nostre persone, rimanendo al passo con il cambiamento continuo del business.
Ciò significa che gli OKR non possono mai essere accoppiati o inclusi nel processo di performance management? Non necessariamente.
Da un lato infatti esistono diversi casi di “coesistenza pacifica” tra i due sistemi per cui, per essere chiari, non è vero che se si sceglie di installare gli OKR a casa propria è necessario abolire completamente MBO ed altre forme di incentivazione: questi diversi strumenti possono tranquillamente andare in parallelo, spesso senza grossi problemi.
Dall’altro, secondo diversi orientamenti ed esperimenti aziendali “contemporanei” (che anche io ho avuto modo di testare), possono esistere delle ibridazioni tra i due processi. Gli OKR possono essere utilizzati come uno degli strumenti ed indicatori – sottolineo uno: non il principale ed insieme sicuramente ad altri – che informano ed orientano le conversazioni di performance review entro un processo HR più ampio ed articolato.
In tal senso, però si intende (e questo è il punto a cui fare estrema attenzione) considerare la possibilità di valorizzare dimensioni qualitative e di natura comportamentale, connesse alla gestione degli OKR e messe in atto dalla persona e il contributo della stessa alla gestione degli OKR nel loro complesso, magari entro il contesto più vasto del team di riferimento, non certo il raggiungimento percentuale dell’obiettivo in sé. In questi casi parliamo di una prospettiva ancora più sfidante e sperimentale di gestione, da ponderare con estrema attenzione prima di essere messa in atto, perché richiede culture organizzative particolarmente mature per poter funzionare senza guastare il senso e l’utilità dell’avere gli OKR a casa propria.