L’anno che verrà. Sintassi e futuro.  Alcuni appunti presi alla larga su come scrivere gli OKR.

venerdì 24 marzo 2023

5 minuti

L’anno che verrà. Sintassi e futuro. Alcuni appunti presi alla larga su come scrivere gli OKR.

È facile fare gli OKRs (se sai come farlo)

“L’anno che è già arrivato, tra meno di un anno passerà”.
Dai, giochiamo in casa, parafrasiamo il grande Lucio (Dalla). Ogni benedetto anno la stessa storia: immaginiamo di scrivere una letterina al nostro più ‘caro amico’, noi stessi, per “continuare a sperare” che l’anno che arriva sia meglio del precedente.
Consapevoli dell’enorme difficoltà a tenere la barra dritta, nonostante tutto là fuori cospiri contro di noi e la nostra autodeterminazione, nonostante tutto questo, provando a non perdere la fiducia in noi stessi e nel genere umano, ogni gennaio ci ritroviamo a fare i conti con i nostri buoni propositi, stereotipati tanto quanto lo è lo spettro dei nostri funzionamenti (per dirla con Amartya Sen): dimagrire, smettere di fumare, guadagnare di più, e così via. Banalità.

Iscriviti alla nostra newsletter

cliccando su ‘invia’, accetti la nostra privacy policy

I coatti dei buoni propositi. 

Ogni anno, same old story. Poi l’anno inizia e ci inghiotte il gorgo della quotidianità. Inesorabile. Ed è subito sera, cioè: ancora Natale, ancora capodanno e così via. Questa ciclicità, soprattutto quando i cicli cominciano a diventare tanti, può indurre al fatalismo tipico di chi pensa che tanto andrà come deve andare, che è inutile parlarne. Ma è una coazione a ripetere davvero inevitabile? Forse, se non proprio guarire, almeno ci si può difendere da quel senso di deja-vu che ci assale in questo periodo dell’anno. Ci si può difendere, forse con grammatica, sì proprio quella materia su cui abbiamo passato gli anni migliori della nostra vita chiedendoci quando ci sarebbe servita. Quel momento è arrivato. Già, perché tutto quello che facciamo o pensiamo è prima di tutto un ‘atto linguistico’, e le logiche con cui articoliamo i concetti attraverso la lingua sono esse stesse il senso di come pensiamo.

L’eterno ritorno. 

“Vedi caro amico, cosa ti scrivo e ti dico?”. Più che altro ce lo diciamo, ma non lo scriviamo mai. E scriverlo invece è importante, perché si sa che verba volant mentre il fatto stesso di fermarsi di fronte al foglio bianco è già di per sé un atto di volontà che una traccia vuoi non vuoi la lascia. Dirselo non basta, e non aiuta nemmeno, per come induce ad avvitarsi in un vortice infinito di pensieri e ripensamenti. Con l’anno nuovo – a ogni inizio d’anno, anche se, per dire, siamo ebrei e l’anno comincia il 15 settembre o, più banalmente, se l’anno fiscale non coincide con quello solare – in ogni caso con l’anno nuovo c’è l’eterno ritorno dell’ansia da prestazione, che verbalizziamo per come siamo capaci di farlo: magari mettendo una dietro l’altra le parole, dando vita a frasi di senso compiuto che proiettano sul telo bianco la nostra idea (sì, esatto, in senso platonico) di futuro.

Grammatica del management? 

“Hai messo nella stima la contingency della contingency?”.
Pensi alle “parole del management” e subito il pensiero va ai meme del consulente imbruttito.
Ma le words, oltre che buzz, possono essere anche sensate: pensate, pronunciate e scritte, cioè, con una direzione. Un senso. Ma torniamo alle elementari. La grammatica: un “insieme di convenzioni che organizzano il codice comunicativo delle persone”. L’arte della scrittura, né più né meno.
Una parte della quale, che qui ci interessa particolarmente, è la sintassi, il meccanismo che tiene insieme le particelle morfologiche del discorso.
Sostantivi, predicati verbali, soggetti. E ancora: aggettivi, avverbi. Parole che danno forma verbale ai nostri pensieri. Atti locutori, per dirla in termini (a proposito) linguistici. Predicati verbali: che azione intendiamo avviare? Predicati nominali: chi/cosa vogliamo essere? Complementi oggetti: su cosa o su chi intendiamo agire? Nella vita di ogni giorno, sul lavoro, la sintassi occupa uno spazio essenziale: complice anche lo spazio che la parola scritta si è preso come mai prima d’ora nella storia dell’uomo (messaggistica, mail, commenti, ecc.) la tendenza a interrogarci su come articolare meglio i concetti sta diventando di moda. Un esempio su tutti.

Per la costruzione di un elevator pitch (discorso da ascensore, pensato per fare colpo, o vendere un’idea o un prodotto in pochi secondi) quelli bravi consigliano di architettare un blend di unique selling point e call to action, strutturati (secondo il modellino di Gamestorming) secondo una struttura tipo questa: “dato che crediamo in questa visione ambiziosa, la nostra azienda sta costruendo un’offerta specifica per aiutare una persona specifica a raggiungere un risultato definito sfruttando questa risorsa/approccio unico”. Imparare a memoria una frasetta come questa – ed allenarsi a ripeterla – può togliere le castagne dal fuoco, e magari aiutare a portare a casa il budget.

OKR. 

E se invece dobbiamo scrivere i nostri obiettivi per l’anno, o per il trimestre? E se per farlo abbiamo scelto di infilarci in quel ginepraio (dove è facile perdersi senza guida) chiamato OKRs? Tutta questa lunga premessa per arrivare qua: gli OKRs sono fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, però scritti bene.
Battute a parte, un po’ è vero: per scrivere buoni obiettivi e ancora migliori risultati chiave tutto quel che dobbiamo fare – e non è poco – è miscelare cum sapientia et eloquentia poche paroline magiche. Per dare una forma intelligibile a quel che stiamo pensando. O meglio: per pensare quello che stiamo scrivendo, dato che (sicuramente Seneca l’avrà scritto da qualche parte) è scrivendo che mettiamo ordine ai nostri pensieri. Come si scrive un OKR, quindi? La risposta è sempre la stessa. Dipende. Ma alcune dritte possiamo darcele e dircele.

Partiamo dagli obiettivi. Tendenzialmente sono verbi all’infinito, che descrivono un processo evolutivo (di qualsiasi segno). Possono essere pensati come infinitivi cioè, detto molto all’ingrosso, i verbi inglesi coniugati in ing. Diventare, migliorare, portare, rafforzare: tutti verbi che aiutano a pensare a un processo che interessa un oggetto, che è la seconda parola che non può mancare. Ok, vogliamo migliorare: ma che cosa? E allora: il fatturato, ovvio, ma anche i nostri collaboratori, la nostra rete, i nostri strumenti operativi. E poi: perché vogliamo farlo: la reason why, il movente di business (dato che non facciamo niente che non sia per il business, of course). Aumentare il fatturato per essere leader del nostro settore. O per diventare ricchi, che non guasta. Quindi: predicato verbale, complemento oggetto, e un altro complemento, che spiega appunto perché, circoscrivendo la logica per la quale intendiamo perseguire quell’obiettivo.

Poi i risultati chiave. Come si scrivono? Anche qui, largo alla fantasia, ma con juicio. Un risultato chiave dipende dall’obiettivo: se questo descrive un processo con già indicata una possibile metrica esplicitata (il fatturato, appunto), allora tendenzialmente un risultato chiave dovrà consentire di osservare quanto quel processo è stato avviato/raggiunto. Quindi: aumentare il fatturato? Da 10 a 100.000 lire e non, come erroneamente si potrebbe pensare, 100.000 avulse dal punto di partenza. Facile, no? Se invece l’obiettivo è più largo – mettiamo: diventare punto di riferimento della community degli smanettoni – in quel caso allora il risultato chiave potrà essere espresso con un valore (sempre nella forma da/a) o ancora come azione singola (ad esempio: “apertura di un punto vendita fisico”).

Tutto questo per dire che cosa? Che quest’anno è l’anno buono per dire che vogliamo cambiare il modo con cui pensiamo alla nostra strategia, adottando gli OKR in almeno un pezzo della nostra organizzazione. Basta poco. È facile fare gli OKR (se sai come farlo).

Altre risorse

OKR

Gli OKR sono un metodo di esecuzione della strategia in azienda. Il grande vantaggio del framework OKR è che la distribuzione degli obiettivi strategici nei diversi livelli dell’azienda consente di esprimere e gestire efficacemente decisioni e carico di lavoro in tutta

Scopri il nostro prodotto

OKR

Gli OKR sono un metodo di esecuzione della strategia in azienda. Il grande vantaggio del framework OKR è che la distribuzione degli obiettivi strategici nei diversi livelli dell’azienda consente di esprimere e gestire efficacemente decisioni e carico di lavoro in tutta

Scopri il nostro prodotto

OKR

Gli OKR sono un metodo di esecuzione della strategia in azienda. Il grande vantaggio del framework OKR è che la distribuzione degli obiettivi strategici nei diversi livelli dell’azienda consente di esprimere e gestire efficacemente decisioni e carico di lavoro in tutta

Scopri il nostro prodotto