Il self-management è la chiave per ripensare il lavoro: meno gerarchie, più autonomia e uno scopo chiaro condiviso. Joost Schouten racconta come restituire significato al lavoro e affrontare le sfide globali, evitando che siano le aziende – o l’intelligenza artificiale – a decidere per noi.
“Voglio che l’intelligenza artificiale mi faccia il bucato e lavi i piatti in modo che io possa fare arte e scrivere, non che l’intelligenza artificiale faccia arte e scriva al mio posto in modo che io possa fare il bucato e lavare i piatti”: così diceva un post pubblicato su LinkedIn nel 2024 da un’artista semisconosciuta. Qualsiasi cosa ne pensiate, è significativo che il post sia diventato rapidamente virale.
Una sensazione analoga – ovvero il timore che le nostre peculiarità di esseri umani possano essere soppresse da un’entità più grande di noi, i cui processi decisionali appaiono insondabili – è spesso alla base del rapporto delle persone con l’azienda per cui lavorano, o in genere con organizzazioni complesse. Chi, fra l’uomo e l’azienda, è lo strumento al servizio dell’altro? E come evitare che finisca per essere l’uomo?
Secondo Joost Schouten, una possibile via è quella del self-management, ossia l’autodeterminazione e auto-responsabilizzazione a tutti i livelli della gerarchia organizzativa. Schouten è fondatore di Nestr, una piattaforma che permette alle aziende che hanno optato per questa soluzione di mappare i propri processi interni e funzionare meglio, evitando che “organizzazioni prive di uno scopo chiaro possano trascinarci anziché mettersi al nostro servizio”, uno scenario che potrebbe “essere esacerbato dall’avvento dell’IA”.
Questa la promessa di Nestr: “La governance del self-management è lo strumento per delineare i confini entro i quali le nostre organizzazioni e l’IA possono essere al nostro servizio”. Sentiamo dalla voce di Schouten come questo strumento può essere utilizzato nella pratica.
Chi, fra l’uomo e l’azienda, è lo strumento al servizio dell’altro? E come evitare che finisca per essere l’uomo?
Il contributo dell’autodeterminazione
“Quando guardo il mondo” dice Schouten “vedo organizzazioni che in genere non sembrano agire tenendo conto dei nostri bisogni collettivi”. La maggior parte delle organizzazioni non sta necessariamente integrando tutte le prospettive rilevanti, tanto per chi sta all’interno dell’organizzazione, ma soprattutto per coloro che ne sono influenzati. E questo, secondo me, è dannoso per la società. Nel mondo ci troviamo di fronte a problemi complessi come il cambiamento climatico e il divario economico, che finora ci siamo dimostrati incapaci di risolvere. E queste sfide richiedono un’attenzione urgente. Dobbiamo quindi innovare il modo in cui lavoriamo insieme, accelerando i nostri sforzi collettivi per affrontare questi problemi. Non sono del tutto certo che il self-management possa aiutarci in questo senso, ma sono sicuro di voler contribuire a un campo che cerca di esaminare modi alternativi di prendere decisioni perseguendo uno scopo piuttosto che la crescita, perché credo che il perseguimento della crescita sia dannoso per i nostri bisogni collettivi.
Dobbiamo innovare il modo in cui lavoriamo insieme
Un problema da affrontare: le persone nelle aziende sono sempre più demotivate
Le persone nelle aziende sono insoddisfatte perché non sentono di contribuire a qualcosa a cui tengono. Se si è fortunati, si fa un lavoro in cui ci si sente appagati dal fatto di poter esprimere appieno le proprie capacità, ma molte persone non hanno questa fortuna, e quasi nessuno riesce a contribuire a qualcosa a cui tiene personalmente e profondamente, al di là delle competenze che riesce a esprimere. Quindi, se si passa tutto il giorno a fare cose che non ci piacciono, e il cui impatto è spesso dannoso per ciò che ci sta a cuore e che apprezziamo, non c’è da stupirsi se le persone sono insoddisfatte e disilluse e non molto felici, e sentono il lavoro come un peso.
Questa è una delle ragioni principali per cui ho creato Nestr: aiutare le organizzazioni a svolgere un lavoro orientato allo scopo, e a essere trasparenti riguardo allo scopo che stanno perseguendo, in modo che le persone possano decidere consapevolmente di unirsi a un’organizzazione in base all’impatto che questa può avere, potendo fidarsi del fatto che quell’organizzazione è davvero determinata a raggiungere quei precisi obiettivi.
Le persone nelle aziende sono insoddisfatte perché non sentono di contribuire a qualcosa a cui tengono
Vincere la resistenza al cambiamento nelle aziende
Secondo Schouten, un primo passo per vincere la naturale resistenza delle aziende al cambiamento può essere iniziare una conversazione sui punti dolenti. “Rispetto al self-management o all’autorità distribuita, penso che in questo momento siamo nella fase di adozione precoce di una curva a campana, e chiunque si affacci ora a queste pratiche potrebbe essere convinto dai successi ottenuti dagli early adopters. Quindi il lavoro che vedo è quello di consolidare quei successi e di amplificarli, nonché di parlarne in modo da raggiungere un pubblico più ampio. Ancora oggi, ogni volta che parlo di scopo, la maggior parte degli interlocutori osserva che il self-management non serve ad aumentare il profitto. Ma il punto è che non si tratta di profitto. Si tratta di darsi uno scopo, e di impostare l’organizzazione in modo tale che ogni decisione presa all’interno contribuisca direttamente allo scopo. In questo contesto il profitto è una delle variabili, e un’organizzazione può essere comunque molto redditizia pur essendo orientata allo scopo piuttosto che al profitto.”
Ci sono poi, prosegue Schouten, alcuni aspetti che evidenziano i punti dolenti della maggior parte delle attuali strutture organizzative, e che potrebbero invitare a esplorare le nostre alternative. Uno è per l’appunto la scarsa fidelizzazione delle persone. Se i dipendenti sono fortemente demotivati e se ne vanno in continuazione, può essere il momento giusto per valutare provvedimenti che vadano oltre l’acquisto di un tavolo da ping-pong, per esempio adottando processi decisionali collettivi che coinvolgano maggiormente le persone, o snellendo la burocrazia interna. Un’organizzazione può essere molto più efficiente se le persone che ne fanno parte hanno la libertà di prosperare, di mettere in campo le proprie capacità e di avere l’autorità e l’autonomia per agire e prendere le decisioni necessarie a raggiungere lo scopo comune. Ci sono quindi obiettivi convenzionali molto importanti (fidelizzazione, maggiore efficienza, maggiori profitti, tutte cose sacrosante e valide), che però è più facile raggiungere cambiando il modo in cui si prendono collettivamente le decisioni, utilizzando una qualche forma di auto-organizzazione.
Un’organizzazione può essere molto più efficiente se le persone che ne fanno parte hanno la libertà di prosperare
I princìpi del self-management: come applicarli a un’azienda
Nestr è stato creato per metterci al servizio di persone e aziende orientate al valore (e ai valori), e del lavoro orientato allo scopo, di modo che una persona che si dedica al proprio lavoro sia in grado di capire chiaramente a che cosa di preciso sta contribuendo con quel lavoro, e se questo è in linea con ciò che le sta a cuore. E, se la risposta è no, il sistema permette di individuare un’altra attività più gratificante e coerente con le proprie aspirazioni. In definitiva, sostiene Schouten, Nestr offre la possibilità di “collegare direttamente il proprio lavoro quotidiano a uno scopo a cui si tiene particolarmente”.
Un aspetto importante è che le organizzazioni per cui si lavora devono essere tenute a rendere conto degli scopi che affermano di perseguire, altrimenti questi perdono di significato. Per Schouten, il solo modo per rendere un’organizzazione responsabile del proprio scopo è integrare lo scopo stesso nei processi di self-management. In questo senso, l’auto-organizzazione diventa uno strumento che i lavoratori usano per servire lo scopo, facendo una continua valutazione personale di quanto il proprio lavoro abbia contribuito a raggiungerlo.
Un altro motivo per cui Nestr esiste è rispondere alla domanda: cosa succede all’interno dell’organizzazione? Questo è cruciale per una transizione dall’attuale gerarchia manageriale a una forma di self-management. Uno dei principi fondamentali di Nestr, afferma Schouten, è che non pretendiamo di sapere quale sia la miglior forma di auto-organizzazione per una determinata azienda: vogliamo essere al servizio di tutte le sperimentazioni che perseguono un determinato scopo utilizzando l’auto-organizzazione. Quindi esistiamo come semplice strumento, che può essere personalizzato attivando o disattivando una serie di app in modo da scegliere il tipo di auto-organizzazione più adatto al proprio modo di concepire il lavoro. Il punto di partenza è sempre la mappatura del proprio ruolo all’interno dell’organizzazione, che non è la stessa cosa delle proprie funzioni o del job title: in genere, le persone all’interno dell’auto-organizzazione ricoprono un portafoglio che va da uno a 15 ruoli diversi. A quel punto, il nostro strumento serve da piattaforma di collaborazione per svolgere il lavoro all’interno di quei ruoli, in modo che questo sia radicato nelle proprie responsabilità e negli accordi condivisi, tutto al fine comune di servire lo scopo.
Cosa succede all'interno dell'organizzazione?
La potenza della mappatura visiva dei ruoli
Un’azienda sanitaria dei Paesi Bassi che ha iniziato la sua attività da un anno ha adottato il nostro sistema. L’azienda aveva già una struttura di ruoli e team autonomi, ma è stata aiutata moltissimo dal nostro modulo per le riunioni, che prevede un facilitatore eletto all’interno dei loro diversi team, con la responsabilità di guidare il team attraverso i modelli più efficaci di auto-organizzazione della riunione: in tal modo non sono la classica gerarchia manageriale o le gerarchie informali a dettare i punti da affrontare al tavolo quando si discutono argomenti importanti, ma tutto ruota attorno agli accordi condivisi o ai ruoli mappati. E le decisioni vengono prese sulla base di questi princìpi.
Secondo Schouten, la mappatura dei ruoli e la sua rappresentazione visiva ha una grande importanza: “il semplice fatto di poter visualizzare la struttura della vostra organizzazione è di per sé molto potente, perché vi permette di capire con chiarezza la vostra posizione all’interno e di rispondere alle domande: qual è il mio contributo? Per che cosa mi alzo ogni mattino? E se necessario aiutarvi a individuare una diversa area dell’organizzazione a cui pensate di poter dare un contributo più significativo per il raggiungimento dello scopo comune, e al tempo stesso più gratificante per voi”.
Qual è il mio contributo? Per che cosa mi alzo ogni mattino?
Il ruolo della tecnologia e dell’IA
Anche se sono il fondatore di un’azienda tecnologica, non credo che sarà la tecnologia a guidare questo cambiamento, dice Schouten. Nel migliore dei casi, la tecnologia aiuterà a fare ordine nel caos, e catalizzerà e faciliterà la transizione, che tuttavia sarà guidata dalle persone e dalle loro esigenze.
La tecnologia ci fornisce la chiarezza di visione necessaria per dare priorità alle attività dall’impatto più significativo, in modo da poter servire meglio lo scopo. E credo che abbia un ruolo molto importante: ci rende responsabili nei confronti della nostra organizzazione, ci permette di chiedere conto ai nostri colleghi del loro lavoro finalizzato al raggiungimento dello scopo comune, mentre loro possono fare lo stesso con noi; ma soprattutto ci permette di chiedere conto alla nostra organizzazione del suo scopo.
Il self-management e i suoi strumenti sono di fondamentale importanza per assicurarsi che anche l’IA sia tenuta a rendere conto del proprio operato, e a lavorare per il nostro stesso scopo comune. Per esempio, in questo senso l’IA è davvero molto potente perché conosce alla perfezione la nostra governance e l’organigramma dell’azienda, e può aiutarci a individuare le persone più adatte a gestire un determinato progetto, ottimizzando in tal modo le risorse, aumentando la gratificazione delle persone e accelerando il percorso verso gli obiettivi condivisi.
Il self-management e i suoi strumenti sono di fondamentale importanza per assicurarsi che anche l'IA sia tenuta a rendere conto del proprio operato
Come convincere le aziende che la trasformazione è una forza positiva
Per Schouten è necessario dimostrare che il cambiamento produce sempre un risultato netto positivo, e a quel punto le persone lo abbracceranno.
Nelle aziende di solito il problema è che le argomentazioni con cui si motiva la necessità del cambiamento non coincidono con quelle che il personale percepisce come le vere ragioni. Se l’organizzazione elimina un livello di management con la scusa che è ridondante per spremere maggiore efficienza dai dipendenti, ma il messaggio che cerca di far passare è “ora potrete prosperare nei vostri ruoli con maggiore autonomia decisionale”, è chiaro che non funzionerà e le persone si opporranno perché non è sicuro.
È necessario identificare le resistenze, concentrarsi su di esse e creare un contenitore sicuro, esterno all’ambiente di lavoro, in cui discutere delle dinamiche interpersonali che sono alla base delle resistenze. E questa non dovrebbe essere un’iniziativa presa dai manager, ma da qualcuno di cui le persone pensano di potersi fidare e che viene supportato per facilitare questo processo, qualcuno che probabilmente è stato eletto dai suoi colleghi con questo preciso incarico. Certo, è necessario uscire dalla propria zona di comfort. Ma se non siamo pronti a farlo, in qualsiasi campo, è difficile che le cose possano migliorare.
È necessario identificare le resistenze, concentrarsi su di esse e creare un contenitore sicuro, esterno all’ambiente di lavoro

Andrea Farè – Dal malessere all’intelligenza collettiva: siamo pronti a lavorare in un altro modo?
Il vero cambiamento nel lavoro non passa per slogan motivazionali, ma per un ripensamento profondo delle nostre organizzazioni.
Nel podcast Future4Work, Andrea Farè, partner di Kopernicana, dialoga con Luna Esposito, giornalista di Will Media, su questi punti:
- Solo l’8% dei lavoratori italiani si sente davvero ingaggiato.
- Le aziende sono ancora organizzate secondo modelli dell’era industriale.
- L’intelligenza collettiva è lì, latente. Ma le strutture attuali non la attivano.
- C’è un’alternativa: nel caso citato, si chiama olocrazia – una grammatica per distribuire il potere, chiarire ruoli e permettere alle persone di lavorare con più autonomia e senso.
- Il cambiamento? Non serve un Big Bang. Si può partire da piccole isole, team sperimentali, progetti orizzontali.
Le persone decidono ogni giorno cosa fare della propria vita. È ora di portare questa autonomia anche nel lavoro
Vuoi parlare di tutto questo anche con Joost?
Mercoledì 11 giugno 2025, dalle 17.00 saremo a Milano, Copernico Isola, via Filippo Sassetti 32. Seguirà aperitivo.
“Working with Purpose: Self-Management as a Response to the Work Crisis –
An immersive playground to explore how self-management restores meaning, autonomy, and shared impact in today’s work” è il titolo dell’appuntamento
