Metriche e Conversazioni

martedì 28 marzo 2023

4 minuti

Metriche e Conversazioni

O dello Spirito Lean e Agile (grazie a Chat GPT)

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Giochiamo tutti con chat GPT di questi tempi. Perciò quando la straordinaria redazione kopernicana mi ha chiesto un pezzo “di taglio storico-evolutivo sulle metodologie lean e agile” ho pensato bene di girare la richiesta al Trasformatore Generativo Pre-istruito (sì, dovessimo lanciarlo sul mercato italiano lo chiameremmo “Chiacchiera TGP”). Ecco il risultato:

Lean e Agile sono due approcci alla gestione dei progetti e dei processi aziendali che si sono sviluppati in contesti e momenti diversi.

Lean ha avuto origine negli anni ’50 in Giappone, presso la Toyota Motor Corporation, che cercava di migliorare l’efficienza e la produttività delle proprie attività di produzione. Il sistema produttivo Toyota, noto come “Toyota Production System” (TPS), ha creato una cultura aziendale orientata al miglioramento continuo, al rispetto per le persone e alla riduzione degli sprechi. L’obiettivo era quello di produrre prodotti di alta qualità in modo efficiente, minimizzando gli sprechi di tempo, denaro e risorse.

Agile, invece, ha avuto origine negli anni ’90, in particolare nel mondo dello sviluppo software, in risposta alla necessità di rispondere rapidamente ai cambiamenti del mercato e alle esigenze dei clienti. L’Agile Manifesto è stato sviluppato da un gruppo di sviluppatori software che cercavano di trovare un modo più efficace per sviluppare software in modo collaborativo e adattivo, focalizzandosi sulla consegna di valore al cliente attraverso un lavoro di squadra altamente collaborativo e snello.

Entrambi gli approcci, Lean e Agile, condividono alcuni principi fondamentali, come la valorizzazione del lavoro di squadra, la focalizzazione sulla consegna di valore al cliente, la riduzione degli sprechi e l’adozione di un approccio basato sul miglioramento continuo. Tuttavia, ci sono anche alcune differenze tra i due approcci, come il fatto che Lean si concentra maggiormente sulla riduzione degli sprechi, mentre Agile si concentra maggiormente sull’adattabilità ai cambiamenti del mercato e alle esigenze dei clienti.

Ooook. Discreto bigino. Ma cui prodest? (mettiamoci un po’ di latino così facciamo subito sentire il fiato sul collo dell’amico binario). No davvero, a chi serve un testo così? Chi ne sa lo sa già. Chi non ne sa si trova davanti un’informativa piatta, liscia e anodina che non permette di trattenere praticamente nulla. Nulla infatti traspare della potenza di questa frase di Taiichi Ohno, padre del Toyota Production System:

«Lo stile Toyota non consiste nel creare risultati lavorando sodo. È un sistema per il quale non c’è limite alla creatività delle persone. Le persone non vanno in Toyota per “lavorare”, ci vanno per “pensare”»

Non esattamente lo spirito che associamo al concetto di “riduzione degli sprechi” vero? Intendiamoci la caccia allo spreco, il famigerato muda, è effettivamente alla base del Lean, quel sistema manageriale che ha preso forma in Occidente guardando ad Oriente, quel rebranding del Toyota Production System concepito negli anni Ottanta del XX secolo dalle parti del MIT di Boston. Ma lo spreco è un negativo che rivela un positivo, il flusso del valore: lo scorrere del valore lungo l’attività produttiva, cioè lungo la maggior parte delle attività umane, fino al suo “cliente” finale, l’utente di un prodotto o servizio, il paziente di un ospedale, il lavoratore in un’organizzazione.

La generazione di valore è un flusso che ha un ritmo specifico, il ritmo “giusto” per il cliente, quello che corrisponde alla sua chiamata, non veloce o lento, ma adeguato alla domanda (nel Lean si chiama Takt Time). Questo ritmo è intralciato quotidianamente da ostacoli e impedimenti di ogni sorta, materiali e immateriali. Alcuni sono ineliminabili (se il legislatore mi impone qualche adempimento io devo adeguarmi anche se quell’attività non porta valore al cliente), altri sono eliminabili ma per essere eliminati devono essere visti.

Vedere il valore, imparare a vederlo e rimuovere gli ostacoli che gli impediscono di scorrere verso il cliente è dunque il nocciolo della lezione lean, ed è una lezione rivoluzionaria, non solo per gli anni Cinquanta, decade in cui il sistema ha preso forma, ma tutt’oggi, in questo nostro 2023 ancora così permeato della cultura produttivista emersa dalla rivoluzione industriale e ottimizzata nell’epoca della produzione di massa. Occorre trovare “the one best way” – il modo migliore ed unico di eseguire un compito – e trovarlo su basi scientifiche, diceva un secolo fa Frederick Taylor per consegnare questo “meta-compito” nelle mani di un nuova categoria di lavoratori, i manager.

Il miglioramento deve accadere ovunque in azienda, dice invece il Sistema Lean, non c’è un unico modo ma mille modi che nel tempo creano nuovi standard. Se era “scientifico” l’approccio di Taylor, questo che distribuisce il potere di generare e catturare valore in qualsiasi punto dell’azienda cos’è? Scientifico anch’esso, scientifico senza virgolette, basato sull’esperimento e sui dati. Apprendere insieme dai dati. In questo lean e agile sono davvero figlie della medesima cultura, una cultura data driven e insieme conversazionale: una board condivisa e una conversazione in atto sulle metriche del lavoro. Per gli operai di Toyota erano numeri scritti per terra col gessetto; per un team distribuito che fa software o servizi è una board Miro o un’applicazione per monitorare gli OKR. Il succo è lo stesso, numeri e conversazione, metriche e persone.

Un’altra citazione famosa del maestro Ohno: “I dati sono ovviamente importanti, ma io do la massima importanza ai fatti”. E cosa sono i fatti? Le metriche giuste al centro di una conversazione, numeri che contano per persone che si muovono con uno scopo verso un obiettivo.

Rileggendo il pezzo, mi sento un po’ come Giovanni di Aldo, Giovanni e Giacomo nella celebre scena in cui si mette a fare acrobazie ginniche per sbeffeggiare due ragazzine che stanno facendo la ruota. Faccio il grosso con un bambino. Chat GPT e i suoi fratellini sono nella loro infanzia. Quando diventeranno adulti il nostro modo di creare e consumare contenuti potrebbe cambiare radicalmente. Sapevatelo.

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Dal modo in cui sono prodotti e visualizzati dipende la possibilità di prendere decisioni rilevanti; dal modo in cui sono archiviati dipende la velocità di risposta e di adattamento; dal modo in cui sono condivisi dipendono l’allineamento, l’onboarding, la collaborazione. Aiutiamo

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L’agilità è un mindset e un insieme di pratiche sperimentali, da testare per trovare il proprio equilibrio dinamico e “costantemente provvisorio”. Essere agili non è una competenza, ma una condizione complessiva, raggiungibile solo approcciando i principi della sperimentazione e apprendimento continuo

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