Quando si dipinge, si impara ad accettare che non sempre si può essere in controllo. Soprattutto con alcune tecniche, come l’acquerello o la china, è molto importante “lasciarsi andare” e permettere alla mano di seguire il flusso, percependo il movimento leggero del pennello sulla carta. L’acquerello è una delle tecniche più difficili, perché non ammette la possibilità di correggere e la sua bellezza sta nel saper liberare l’immediatezza del colore e delle trasparenze. L’acquerello va accompagnato con dolcezza, necessita spazio di libertà e auto-determinazione e allo stesso tempo richiede un certo livello di intenzionalità. Per questo quando iniziai a frequentare la scuola d’arte, il mio mentore mi disse che avrei potuto usare gli acquerelli solo dopo essere migliorata molto nella tecnica.
Iniziai quindi ad utilizzare gli acrilici. Mi ci vollero comunque molti anni per mettere in pratica ciò che il mio mentore mi diceva in termini di bilanciamento del lasciar andare e controllare, e di comprendere che era come una danza. Dopo aver lasciato andare il gesto e il pennello, per dare spazio alle emozioni, all’espressività, creatività e ispirazione, dovevo riprendere il controllo per dare forza, risolutezza e intenzione alla mia opera, usando in modo più consapevole e razionale le mie nozioni di composizione, correggendo e modificando con nuove stesure di colore e scegliendo quali parti enfatizzare. Il controllo doveva essere sufficiente, ma non eccessivo, per non far perdere espressività e naturalezza al dipinto. Sapere quando fermarsi era critico, altrimenti il meglio diventava nemico del bene.
Sapere quando fermarsi era critico, altrimenti il meglio diventava nemico del bene.
Oggi, invece, ci sono momenti in cui è il dipinto stesso a “voler” essere diverso da quello che avevo programmato e ho imparato ad accogliere questa sua volontà. Nella sua essenza, il dipinto è espressione del nostro inconscio e poiché la nostra mano è più libera della nostra mente, dipingendo riusciamo ad esprimere meglio un nostro io profondo e senza filtri. “Lasciar andare” porta a dei risultati sorprendenti, di grande autenticità.
Per un artista il saper perdere il controllo è fondamentale anche quando accadono degli imprevisti o si commettono degli errori. Questi, se affrontati con spirito creativo, possono aprire a nuove possibilità o creazioni di senso. Anni fa spedii da Singapore in Italia uno dei miei dipinti per una mostra. Quando arrivò, il curatore mi chiamò molto preoccupato: la tela, nel viaggio, si era parzialmente tagliata e lui temeva che il quadro fosse irreparabilmente danneggiato. Per rassicurarlo, gli dissi di aspettare che arrivassi in Italia. Avrei cercato di capire se ci fosse qualche modo creativo per risolvere il problema. Il dipinto era intitolato: “Insostenibile/Unbearable” e rappresentava sofferenza e disperazione. Dato il messaggio del dipinto, pensai che in fondo fosse giusto che l’opera si fosse “rotta/tagliata”, perché la persona rappresentata nel dipinto era, in un certo senso, anch’essa “rotta/ferita”. Decisi quindi di cucire il taglio con un filo rosso molto visibile, senza cercare di aggiustarlo o coprirlo. Scelsi di mostrarlo in modo molto chiaro e di dare un significato al “problema” (il taglio), in modo che fosse coerente con il senso del dipinto. Il titolo del dipinto fu trasformato in “Unbearable and broken” e durante la mostra, fu molto interessante spiegare il processo creativo sottostante.
Il processo creativo raggiunge il suo culmine nel momento dell’ideazione, ovvero quando elementi tra loro diversi si scontrano e si combinano in modi inusuali per dar vita a nuove formulazioni, superando il controllo della nostra mente e delle nostre convinzioni di impossibilità. Non è un caso che la scintilla creativa – l’Eureka di Archimede – avvenga in momenti in cui la mente vaga senza apparente costrutto, lasciando libertà ad associazioni improbabili di accadere. Una stilista cinese meravigliosa, i cui abiti sono stati inseriti in un museo d’arte contemporanea come opere d’arte, ad esempio, si è fatta ispirare dai tetti delle pagode cinesi e ha realizzato un abito imprevedibile e bellissimo, a cui nessuno avrebbe pensato seguendo un processo puramente logico e razionale.
Queste esperienze artistiche mi hanno insegnato moltissimo e nel corso della mia carriera professionale come professionista e poi leader in ambito organizzativo ho compreso che potevano avere un enorme valore anche in quel contesto.
La pratica della leadership distribuita e quella artistica, infatti, presentano delle forti analogie e avendole vissute entrambe, nel corso del mio percorso professionale, ho capito che si basano sugli stessi presupposti e possono beneficiare profondamente l’una dall’altra.
Come per l’artista, anche per il leader, essere sempre “in controllo” non è positivo.
Se troppo in controllo, il leader può perdere l’opportunità di sorprese e innovazioni inaspettate che possono magari portare a risultati migliori, o non vedere l’errore come un possibile spazio creativo, oppure tendere a forzare le persone del suo gruppo di lavoro dentro a schemi e istruzioni troppo rigide, che non permettono loro di esprimere il proprio valore.
Il processo creativo raggiunge il suo culmine nel momento dell’ideazione, ovvero quando elementi tra loro diversi si scontrano e si combinano in modi inusuali per dar vita a nuove formulazioni, superando il controllo della nostra mente e delle nostre convinzioni di impossibilità.
Per un leader è anche importante saper ascoltare i messaggi del proprio inconscio, attraverso il corpo e le sensazioni, senza i filtri della mente logica e del pensiero cognitivo. Il nostro corpo, a volte, ci trasmette messaggi che non siamo preparati ad ascoltare. Anche questa è una sana pratica di “lasciar andare il controllo“. L’intuizione passa da lì, e anche la nostra autenticità. Il mettere una maschera è un atto di controllo e protezione della nostra vulnerabilità, a spese della nostra autenticità, quella che in un’organizzazione, insieme all’espressività, ci rende ispirativi, ci fa connettere con gli altri e ci permette di realizzarci in modo completo come esseri umani.
Lasciar andare non significa però “laissez faire”, non è rinuncia totale. Come nell’arte, anche nella leadership, trovare il giusto bilanciamento è come danzare tra poli opposti. Nel delegare, ad esempio, è fondamentale saper modulare il controllo a seconda del livello di indipendenza e responsabilizzazione della persona che si ha di fronte e saper bilanciare intenzionalmente lo spazio di libertà che si può dare, creando uno spazio sicuro all’interno del quale le persone possano esplorare nuove autonomie, monitorando però i risultati.
Viste le molte analogie, può allora l’arte contribuire a migliorare la nostra pratica di leadership e la nostra danza tra controllo eccessivo e “Laissez faire”?
Attualmente sto scrivendo un saggio, intitolato “Artful leadership”, che parte proprio da questo presupposto. L’arte può permetterci di incarnare e sentire esperienze che sono fondamentali per la leadership e può, se vissuta con intenzione e consapevolezza, diventare un portale di auto-riflessione potente e farci accedere alle nostre parti interiori e profonde e scardinare convinzioni bloccanti. Attraverso l’arte, il nostro “dentro” diventa raggiungibile con l’intuizione, abbattendo barriere cognitive e soffermandosi nell’ambito di una dimensione “sottile”, a cui spesso non diamo voce. Ed è questo “dentro” che ci dà accesso alle risorse che ci servono per essere un Artful leader e che ci permette di toccare meccanismi profondi che ne liberano le energie. Poiché questo “dentro” risiede in una dimensione del SENTIRE, piuttosto che del SAPERE.
Poter allenare queste sensibilità, e accedere a delle esperienze non solo in modo cognitivo, diventa quindi una palestra preziosa. L’arte ce lo permette. Proviamo allora a fare un esperimento. Qui di seguito propongo di sperimentare una pratica artistica e successivamente di riflettere sul proprio modo di “sentire” la perdita di controllo. Non è importante il risultato artistico ma il processo e l’esperienza.
Lasciar andare non significa però “laissez faire”, non è rinuncia totale.
Pratica artistica
- Prova a dipingere un paesaggio montano. In una prima stesura, usa degli acquerelli con molta acqua e gioca con il pennello, lascia andare il colore a campiture molto ampie, goditi le forme che emergono. Esprimiti liberamente.
- Ora lascia che il colore si asciughi e poi guarda le forme che si intuiscono e cerca di rafforzarle con intenzionalità, aggiungendo dell’altro colore e dando loro una forma che riconduca a degli elementi di paesaggio.
- Una volta finita la tua opera, lascia cadere una goccia a caso, come fosse un errore e prova a fare qualcosa per darle una coerenza nel tuo paesaggio.
- Mentre dipingi, stai connesso con le tue sensazioni.
Domande di riflessione e “journaling”:
- Che cosa hai provato nel lasciar andare il colore, nella prima stesura?
- Sul lavoro, come affronti la perdita di controllo e l’imprevedibilità? Che cosa provi?
- Pensa all’ultima volta che hai delegato qualcosa. Come tendi a comportarti? Controlli troppo o troppo poco, oppure danzi tra queste due polarità lasciando spazio di autonomia senza compromettere un buon risultato?
- Che cosa hai provato lasciando cadere la goccia sul tuo lavoro artistico?
- Ora pensa all’ultima volta che tu o il tuo team avete commesso un errore. Come lo hai vissuto? Come una possibilità di sperimentazione e innovazione, come un apprendimento, oppure come un problema irreparabile?
- È stato facile o difficile connetterti con le tue sensazioni?
Tendiamo ad approcciare la leadership in modo cognitivo, leggendo libri che stimolano la nostra riflessione, ma la leadership è pratica, si porta dietro un sentire e la razionalità non basta. Allo stesso modo la gestione equilibrata del controllo e della sua perdita non si basa solo su pensieri ma anche su emozioni, sensazioni e paure. Saperle ascoltare quindi è fondamentale. Il controllo, ci insegna il metodo Hogan, è un meccanismo di difesa e di sopravvivenza che l’individuo attiva quando legge il contesto come pericoloso. La sua pericolosità è però spesso frutto di convinzioni, di emotività e di percezioni irrazionali che rendono questo meccanismo eccessivo. La pratica artistica ci permette di ascoltarci, di conoscerci meglio, di sentire le nostre paure e ad allenarci a superarle, dopo aver riflettuto sui perché scatenanti, sulle convinzioni profonde. Ci aiuta quindi a diventare leader migliori.