Un noto spot pubblicitario diceva che “la potenza è nulla senza controllo”, ma il termine controllo ha una propria accezione specifica quando ci riferiamo alle interazioni tra umani. In quel caso non tanto di potenza dovremmo parlare ma di potere, e forse potremmo definire che il controllo in quest’ambito è proprio una delle categorie del potere umano.
Ma che cos’è il controllo? Quando controllo qualcosa la comando, la domino al 100%, essa dipende totalmente da me. Il controllo del mio braccio destro è (fortunatamente) totale, certo occasionalmente tutti soffriamo di contrazioni muscolari involontarie o crampi, e sicuramente mentre dormo potrei muoverlo in modo che non controllo, ma se voglio inchiodare due pezzi di legno e ho strumenti skill necessari a farlo in nessun caso potrà succedere che martello, chiodi o legno dicano no. Questo, signori miei, sì che è controllo. Il controllo ci fa stare bene, lo scopriamo fin da piccoli, il controllo supporta il nostro sviluppo psicologico e forse in qualche modo ci permette di formare una nostra identità separata da quella degli altri, da adulti il piacere del controllo non ci abbandona, e invece forse dovrebbe.
Da adulti il piacere del controllo non ci abbandona, e invece forse dovrebbe.
“I miei figli controllano i miei week end”, “il mio capo mi controlla” sono frasi che risuonano spesso nelle nostre vite, ma possiamo parlare veramente di qualcosa di assimilabile alla nostra relazione coi nostri arti? Forse dovremo parlare di Influenza, un’altra accezione del potere, se alzo la mano è probabile che la professoressa mi dia la parola, ma non posso controllare questo accadimento, di certo tuttavia influisco su di esso. Se innaffio ii fiori influenzerò la loro crescita ma non potrò controllarla come controllavo i due pezzi di legno dell’esempio di cui sopra. Anche l’influenza è molto appagante, finché non scende a percentuali troppo basse. Col voto non controllo la scelta dei politici ma sicuramente la influenzo, in che misura? Scarsissima, e la soddisfazione che ne deriva è proporzionalmente inferiore.
Vi sono poi due ulteriori sfumature di potere umano meno legate all’intenzionalità: l’adattabilità, ossia la capacità di reagire (non posso controllare il clima e nemmeno influenzarlo ma posso aprire l’ombrello o scegliere di non uscire) e da ultimo il livello zero: l’impotenza (se sono a piedi nel deserto ed inizia a piovere, potrò gioire dell’evento ma potrò fare ben poco per cambiare la mia situazione)
Alla luce di queste definizioni è doveroso riconoscere che durante la vita lavorativa la quasi totalità dei casi in cui ci sentiamo sottoposti a controllo (ad esempio del management) stiamo semplicemente facendo riferimento ad una forma di influenza su di noi che riteniamo sproporzionata rispetto a quella che possiamo esercitare a nostra volta.
In realtà la nostra vita è un’eterna danza volta a bilanciare ciò che decidiamo di essere con ciò che gli altri ci manifestano di voler essere, in questa danza gli attori primari sono l’influenza, l’adattabilità il rispetto e la curiosità, di controllo ce n’è ben poco (tranne forse per chi vive in carcere o è sottoposto ad una qualche forma di schiavitù)
Rinominare il controllo in influenza non deve tuttavia appagare perché è importante, nell’uscire dalla dimensione personale, e guardando ai sistemi, capire chi veramente sia il soggetto dell’esercizio di quell’influenza. Quando l’influenza è concentrata in un ristrettissimo numero di attori avremo un sistema che per sua natura tende a “predire e controllare (nel senso di verificare) ”, quando essa è distribuita avremo un sistema che per sua natura tende ad ascoltare e rispondere.
Ecco nell’accezione di “conformità, verifica e correzione” il concetto di controllo acquisisce una sfumatura forse un po’ più nobile rispetto a quella del puro esercizio del potere. In fondo qualunque organizzazione si muove in una data direzione, anche la più distribuita ed inclusiva avrà bisogno di controllare il modo in cui opera ed aggiustare le scelte che attua di conseguenza in funzione dei feedback che riceve dall’ambiente in cui opera (o dell’ambiente interno su cui fa affidamento per operare) .
In questa nuova accezione il controllo acquisisce un’infinità di sfumature d’applicazione, in quali modi un sistema può o deve controllarsi ed essere controllato?
In quali modi un sistema può o deve controllarsi ed essere controllato?
Ecco qualche interessante polarità sul controllo:
il controllo può essere anticipatorio: attraverso norme, linee guida, regole o addirittura leggi possiamo limitare o vincolare degli ambiti di scelta e comportamento prima che singole scelte e comportamenti si attuino senza necessariamente esercitare un potere diretto sui suoi attori. Allo stesso tempo il controllo può aver luogo a posteriori attraverso , feedback, debrief, e retrospettive, atti a verificare le motivazioni per cui la realtà desiderata si è discostata da quella desiderata. La versione più estrema sono gli eventuali payoff legati a desideri di enforcement della corrispondenza tra quelle realtà, ed avremo quindi, premi o punizioni.
Sia oggetto del controllo che soggetto controllante possono essere singoli, organizzazioni, enti o addirittura una cultura, un contesto normativo, un mercato.
Quando misuriamo qualcosa la stiamo effettivamente controllando, tracciare una misura progressiva nel tempo e magari in real time, o un KPI è una forma di controllo che potremmo definire lineare, molto diversa dalla verifica puntuale/ atomica dell’esame di fine anno.