Diversity, Equity, Inclusion e Well-Being: storia di una relazione

martedì 31 gennaio 2023

5 minuti

Diversity, Equity, Inclusion e Well-Being: storia di una relazione

Il senso di appartenenza aumenta la produttività a lungo termine

Quando scoprii di aspettare la mia prima figlia avevo appena ricevuto una proposta di lavoro. Avuta la notizia andai dal futuro capo e gli dissi: “C’è un problema: aspetto un bambino!” Avevo 32 anni e in quel “C’è un problema” c’erano tutti i miei bias e quelli della cultura del lavoro che mi circondava. Lui mi guardò e senza esitazioni mi disse: “Per me è solo una buona notizia!”.

Rientrai al lavoro dopo 2 mesi e mezzo, allattai mia figlia in sala riunioni, le diedi le prime pappe nella cucina aziendale con il tifo delle colleghe. Dopo tre anni nacque la mia seconda figlia e scoprii al parto che aveva la sindrome di Down. La mia azienda mi concesse tutta la flessibilità e il tempo necessario per riprendermi dallo shock e per organizzare la mia vita di madre lavoratrice e di caregiver. Un secondo figlio è una grande sfida, un secondo figlio con disabilità ancora di più. I miei colleghi hanno portato avanti le mie attività e io l’ho poi fatto per loro quando è stato il loro turno. In quell’azienda sono cresciuta, professionalmente e umanamente, ho dato tutto quello che potevo per il suo posizionamento e i suoi risultati, sostenuta da un profondo senso di gratitudine e di appartenenza.

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Credo che il punto di contatto tra le politiche di DEI e il well-being stia tutto qui nella parola appartenenza. Sentirsi rispettato nella propria individualità, compreso in un momento di fragilità, sentire di contare per la propria azienda a tal punto che è disposta a supportare il proprio lavoratore con programmi individuali e flessibilità, perché possa esprimere al meglio le proprie competenze, aumenta il benessere del lavoratore e accresce il senso di appartenenza.

Sentire di poter esprimere le proprie opinioni, il proprio credo e il proprio orientamento liberamente, sentire di contare all’interno di un team di lavoro indipendentemente dall’età e dall’esperienza accumulata, sentire che nel contesto lavorativo si può crescere come persona e si possono sviluppare le proprie conoscenze e competenze rafforza la fiducia e consolida il riconoscimento nei principi e nei valori della propria azienda e di conseguenza alimenta l’attaccamento all’azienda.

Una cultura del lavoro inclusiva e diversificata inoltre favorisce il senso di appartenenza, contribuendo ad aumentare la produttività a lungo termine. Avere la consapevolezza che l’azienda per cui si lavora ha un atteggiamento aperto e inclusivo, fa sentire tutti meglio rappresentati all’interno dell’organizzazione e ha un impatto positivo sulla salute mentale, che incide a sua volta sulla salute organizzativa dell’azienda.

Le ricerche dicono che in un ambiente di lavoro più stressante, quando il carico cognitivo è alto e le risorse mentali disponibili per la percezione sociale sono limitate, si attivano più facilmente le scorciatoie mentali, gli unconscious bias, e ci si affida agli stereotipi nelle risposte e nel prendere le decisioni, con conseguenze negative nel clima aziendale se non addirittura l’attivazione di micro aggressioni nei confronti dei colleghi, soprattutto quelli di categorie sottorappresentate.

D’altro canto un ambiente di lavoro inclusivo e rispettoso di tutte le diversità, riconosce anche la salute mentale come diversità e si occupa del benessere emotivo e della soddisfazione dei propri dipendenti e collaboratori tanto quanto di diversità culturale, di gender gap, di identità di genere, di disabilità, di età.

Molte aziende trattano DEI e well-being come iniziative distinte, invece sono profondamente legate. Un ambiente di lavoro inclusivo favorisce il benessere, e viceversa. Un ambiente di lavoro in cui i propri obiettivi individuali sono allineati con gli obiettivi aziendali, un luogo di lavoro in cui tutti si sentono liberi di esprimersi pienamente e di appartenere nel rispetto delle proprie individualità e peculiarità è un luogo di lavoro in cui si sta bene e in cui si vuole rimanere e in cui è dunque più facile trattenere i talenti.

In epoca di Great Resignation e di Quiet Quitting, dunque, i temi della DEI e del well-being sono priorità assolute se si vuole trattenere in azienda i propri talenti. Se i luoghi di lavoro non sono inclusivi e incentrati sulle persone, la salute e il benessere ne risentono e, di conseguenza, anche la produttività. Le aziende oggi devono avere come priorità la creazione di un contesto culturale capace di accogliere le persone nella loro completezza, compresi gli aspetti della salute e del benessere, e per soddisfare le esigenze di ogni lavoratore, le aziende devono armonizzare le iniziative in materia di DEI e di benessere. Senza una strategia per la DEI, l’approccio al benessere dei dipendenti è incompleto e viceversa.

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