Decidere nell’era dell’AI

martedì 4 giugno 2024

7 minuti

Decidere nell’era dell’AI

Integrare l'AI mantenendo il giudizio umano e promuovendo un'organizzazione sinergica e decentralizzata

Sebbene ormai sia conclamato (e forse in hype) che l’AI offra vantaggi significativi, c’è un rischio intrinseco nell’abituarsi a delegare le decisioni agli agenti AI: l’atrofia della nostra capacità di prendere decisioni critiche. Ogni volta che lasciamo che sia l’AI a decidere per noi, rinunciamo a un po’ della nostra capacità di valutare, analizzare e giudicare autonomamente.

Immaginate un mondo dove le nostre scelte personali, professionali e politiche sono tutte prese da algoritmi.

Certo, potremmo risparmiare tempo e ridurre l’errore umano, ma a quale costo? Il rischio è  disconnettiamo dal processo decisionale, diventando semplici esecutori delle indicazioni date dall’AI, perdendo il contatto con la nostra intuizione, creatività e senso critico.

Un esempio illuminante di questo scenario si trova nel film d’animazione “WALL-E”.
Nel film, gli umani vivono su una nave spaziale automatizzata dove hanno perso la capacità non solo di muoversi autonomamente, ma anche di fare domande e prendere decisioni. La loro vita è interamente gestita da macchine, e ogni loro bisogno è soddisfatto senza alcuno sforzo da parte loro. Questa rappresentazione estrema evidenzia un pericolo reale: se ci abituiamo a delegare le nostre decisioni alle macchine, potremmo perdere non solo la nostra capacità decisionale per scarso allenamento, ma anche la nostra curiosità e il nostro spirito critico.

Il rischio intrinseco nell'abituarsi a delegare le decisioni agli agenti AI

La possibilità che si ripeta, per la nostra capacità di decisione, quanto avvenuto negli ultimi 20 anni con la nostra capacità di narrazione è concreta.

Questo fenomeno è terrorizzato da Byung-chul Han, nel suo libro “La scomparsa dei riti e nell’ultimo “La crisi della narrazione”. In sintesi descrive il crollo delle narrazioni tradizionali che un tempo davano senso e coerenza alla nostra vita collettiva.
Oggi, nell’era digitale, viviamo in una frammentazione continua delle esperienze e delle storie personali che generano informazioni e non più narrazioni. Questa crisi della narrazione si rifletterà anche nelle decisioni che prendiamo, sempre più mediate da tecnologie che processano dati in modo veloce ed efficiente, ma prive della profondità contestuale e narrativa che caratterizzava il pensiero umano?

Viviamo in una frammentazione continua delle esperienze e delle storie personali che generano informazioni e non più narrazioni. Questa crisi della narrazione si rifletterà anche nelle decisioni che prendiamo?

Per valutare questo rischio dobbiamo innanzitutto definire il contesto in cui caliamo questa tesi.

Personale: A livello personale, l’AI può aiutare a prendere decisioni quotidiane più informate, come pianificare il percorso migliore per andare al lavoro o gestire il budget familiare. Applicazioni come assistenti virtuali e app di gestione finanziaria che utilizzano algoritmi di AI per fornire raccomandazioni personalizzate saranno parte del nostro futuro. Quello che dobbiamo chiederci  è quali siano i territori che vorremmo lasciare a loro anche solo parlando di acquisti. Di Tomaso in un recente convegno sosteneva che probabilmente i consumabili come la carta igienica saranno scontati, ma saremo disposti a far scegliere loro la scuola di nostro figlio o le nostre vacanze?

Aziendale: Nel contesto aziendale, l’AI viene utilizzata per ottimizzare processi, migliorare l’efficienza operativa e supportare decisioni strategiche. Ad esempio, le aziende di retail utilizzano l’AI per prevedere la domanda dei clienti e gestire l’inventario, mentre nel settore sanitario l’AI aiuta a diagnosticare malattie e pianificare trattamenti. Nel contesto odierno, caratterizzato da una crescente complessità e abbondanza di dati, il processo decisionale è più cruciale che mai. L’intelligenza artificiale sta trasformando il panorama decisionale, fornendo strumenti avanzati per analizzare grandi quantità di dati e identificare pattern che sarebbero sfuggiti all’analisi umana tradizionale. Tuttavia, l’AI non deve sostituire il giudizio umano, ma piuttosto integrarlo. Gli algoritmi possono elaborare rapidamente i dati e fornire raccomandazioni basate su evidenze, ma è l’intelligenza umana che deve interpretare questi risultati nel contesto specifico dell’azienda, valutando anche fattori qualitativi e intangibili proprio in ragione del fatto che la costante evoluzione di contesto e tecnologie rende inapplicabili i classici processi di knowledge management. Ethan Mollick, professore alla Wharton School, introduce il concetto di “frontiera mobile” per descrivere il punto in cui l’AI può sostituire o migliorare le capacità umane in vari compiti. Questa frontiera è “jagged” o frastagliata, il che significa che non è una linea netta: alcune attività possono essere facilmente automatizzate dall’AI, mentre altre, sebbene simili, restano fuori dalla portata delle capacità attuali dell’AI. Ad esempio, Mollick ha trovato che mentre l’AI può migliorare significativamente la produttività in alcuni compiti, in altri può portare a errori se gli umani si affidano troppo ciecamente alla tecnologia senza verificare le informazioni fornite.

Contesto aziendale e contesto personale

Ma come orientarsi in questo contesto VUCA: altamente e volatile, incerto e complesso oltre che ambiguo?

L’articolo “Four Pillars of Decision-driven Analytics” di Stefano Puntoni e Bart De Langhe evidenzia come il potere dei dati può essere effettivamente sfruttato solo quando viene integrato con l’intelligenza umana.
Ecco i quattro pilastri per un’analisi decisionale efficace:


Decisioni
: Il primo passo consiste nell’identificare le alternative decisionali controllabili e rilevanti. Questo comporta la considerazione di diverse prospettive e soluzioni, dando priorità a quelle fattibili e ad alto impatto per raggiungere risultati aziendali significativi. Un processo decisionale centrato su obiettivi chiari consente di focalizzare l’analisi sui dati veramente rilevanti, evitando dispersioni e perdite di tempo su informazioni superflue.

Domande: Formulare domande precise è fondamentale per classificare le alternative decisionali identificate. Domande ambigue o mal poste possono portare a fraintendimenti e decisioni errate. È importante che le domande siano ben definite e mirate a ottenere risposte utili e pratiche per l’azienda. Solo così i dati raccolti possono essere effettivamente utili nel guidare le scelte strategiche.

Dati: Valutare il meccanismo di generazione dei dati è essenziale. Sebbene i Big Data possano essere allettanti, l’accento deve essere posto sulla raccolta di dati pertinenti. Non tutti i dati disponibili sono utili; è necessario discernere quali informazioni sono veramente necessarie per rispondere alle domande poste. Una selezione accurata dei dati consente di ridurre il rumore e aumentare la qualità delle analisi.

Risposte: Quando i passaggi precedenti sono eseguiti correttamente, determinare la migliore azione da intraprendere diventa più semplice. È importante riconoscere l’incertezza e evitare l’eccessiva sicurezza nelle decisioni. L’analisi deve portare a risposte concrete e praticabili, ma sempre con una consapevolezza critica delle limitazioni e delle possibili variabili in gioco.

Quattro pilastri per un'analisi decisionale efficace

In un contesto complesso e ad alto cambiamento è tuttavia chiaro che non sarà tanto importante capire quale sia il modo migliore per decidere, quanto comprendere che non ci sarà un modo unico di farlo e, per questo, un aspetto fondamentale nella gestione delle trasformazioni digitali è la necessità di passare da strutture organizzative a silos a modelli più sinergici e collaborativi.

Secondo l’articolo “From Silos to Synergy: How to Organise for Collaborative Digital Leadership”, l’adozione dell’AI richiede un approccio unificato e collaborativo. Questo implica la creazione di Digital Leadership Groups (DLG), coalizioni cross-funzionali di stakeholder senior che guidano e supervisionano le iniziative di trasformazione digitale. I DLG aiutano a sviluppare roadmap condivise, massimizzare il valore della digitalizzazione e garantire che tutte le attività siano allineate a una strategia digitale complessiva.

C’è un altro elemento critico per il successo nel leveraging sulla AI, ovvero la sua decentralizzazione. Come sostiene Lee Bryant infatti: 

Le aziende fortemente centralizzate e a silos faranno davvero fatica a creare capacità e servizi interconnessi ai livelli inferiori, ma le organizzazioni che hanno già un certo grado di decentramento e incoraggiano team autonomi e agili saranno avvantaggiate. 


Decidere nell’era dell’AI significa trovare un equilibrio tra l’analisi basata sui dati e il giudizio umano ma anche tra standardizzazione tecnologica e capitalizzazione della conoscenza da un lato e autonomia periferica e approccio test & learn dall’altro. 

Le aziende che riusciranno a integrare efficacemente l’AI nei loro processi decisionali, rendendo sinfoniche queste tensioni contrapposte, saranno quelle meglio posizionate per prosperare in un contesto competitivo sempre più complesso e dinamico. La chiave del successo risiederà nell’utilizzo dell’AI come strumento per amplificare le capacità decisionali e nel decentralizzare il più possibile queste attività. 

In un contesto complesso e ad alto cambiamento è tuttavia chiaro che non sarà tanto importante capire quale sia il modo migliore per decidere, quanto comprendere che non ci sarà un modo unico di farlo

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